Si fa presto a dire start-up, specialmente se si considerano gli investimenti necessari per avviarla, almeno in Italia. Una buona idea, infatti, non basta se non supportata da una bella cifra da mettere sul piatto. Cifra che, in Italia, per l’avvio di una start-up è in media di circa 50mila euro.
È quanto emerge dall’ultimo rapporto del Global Entrepreneurship Monitor, che ha calcolato in poco più di 55mila dollari (circa 50mila euro, appunto) il capitale medio che nel nostro Paese serve ad avviare una start-up.
Un cifra che, negli anni, nella media globale, si è significativamente abbassata, subendo delle oscillazioni. Il rapporto sottolinea infatti che nel 2015, nel mondo, la media dell’investimento necessario per aprire una start-up era di circa 13mila dollari, contro i 54mila del 2004 e i 65mila del 2006.
Il dato incoraggiante dell’Italia, all’interno di questo panorama, riguarda l’imprenditoria giovanile. Molto spesso, infatti, start-up è sinonimo di imprenditore giovane, come dimostrano le 31mila nuove imprese gestite da under 35 iscritte alle Camere di commercio nel secondo trimestre del 2016.
L’altra faccia della medaglia per l’imprenditore giovane è data dalla difficoltà di accesso al credito, specialmente in un periodo nel quale le banche sono tutt’altro che propense a erogare finanziamenti. Una situazione che spinge gli imprenditori (il 95% di loro, secondo il report, investe risparmi personali) a cercare fonti alternative di finanziamento.
Una dinamica che, in Italia, porta i neo imprenditori a ricorrere principalmente alle banche per aprire la propria start-up, anche se sono sempre più diffuse forme di finanziamento innovative come le cooperative di comunità, la microfinanza, il lending crowdfunding e l’equity crowdfunding.