Negli scorsi mesi la pubblicazione dei cosiddetti “Panama papers” aveva fatto tornare alla ribalta il tema dei paradisi fiscali, o dei Paesi a regime fiscale agevolato. Negli scorsi giorni, le Entrate hanno pubblicato una circolare per aiutare a individuare meglio i paradisi fiscali.
Una volta c’erano le black list nelle quali erano inseriti i paradisi fiscali, mentre a partire dall’1 gennaio 2016 a indicare se un Paese gode di un regime fiscale agevolato basta sapere che il suo livello nominale di tassazione non deve essere inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.
In questo senso, la circolare sottolinea che ora tra i Paesi dello Spazio Economico Europeo trasparenti, oltre all’Islanda e alla Norvegia, potrà essere inserito anche il Liechtenstein.
Infatti, in tema di paradisi fiscali, la Legge di stabilità 2016 ha escluso dalla nozione di paesi con regimi fiscali privilegiati, gli Stati membri dell’Ue o dello Spazio Economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni e non fanno muro.
Dal momento che un Paese non fa parte dei paradisi fiscali se il suo livello nominale di tassazione è inferiore al 50% dell’aliquota nominale italiana, il socio residente in Italia deve verificare in modo costante questa aliquota nel Paese di localizzazione della società controllata.
Le Entrate precisano che per individuare la tassazione nominale dal lato Italia, è necessario considerare l’aliquota Ires, vigente nel periodo d’imposta in cui si riscontra il requisito del controllo senza considerare eventuali addizionali, e l’aliquota ordinaria Irap. Allo stato attuale, la tassazione nominale italiana da prendere in considerazione è il 27,5% per l’Ires e 3,9% per l’Irap.
Dal lato estero, invece, è necessario rilevare le imposte sui redditi applicate nell’ordinamento fiscale locale, da individuare facendo riferimento, se esistente, alla Convenzione per evitare l’applicazione di doppie imposizioni vigente con lo Stato di volta in volta interessato.