Domani sarà un gran giorno per imprese e contribuenti italiani. Il 3 giugno si celebra infatti il cosiddetto tax freedom day, il giorno di liberazione fiscale, ovvero il primo giorno, dall’inizio dell’anno, in cui lavoriamo non per pagare le tasse ma per guadagnare qualcosa.
In questo 2016 il tax freedom day arriva dopo 154 giorni di lavoro, 3 giorni prima rispetto al 2015. In sostanza, per oltre 5 mesi abbiamo lavorato solo per pagare le tasse.
I calcoli per determinare il giorno esatto del tax freedom day sono stati fatti ancora una volta, come accade da oltre 15 anni a questa parte, dall’Ufficio studi della Cgia, i cui esperti hanno esaminato il dato previsionale del Pil nazionale e lo ha diviso per i 365 giorni dell’anno, ottenendo così un dato medio giornaliero.
Poi, la Cgia ha rapportato il gettito di imposte, tasse e contributi versati dagli italiani al fisco con il Pil giornaliero, ottenendo la data corretta del tax freedom day che, per l’anno in corso, arriva appunto domani, 3 giugno.
Per ottenere un dato il più vicino alla realtà, la Cgia ha calcolato la pressione fiscale del 2015 e del 2016 al netto del “bonus Renzi”, che nel bilancio pubblico è conteggiato come un aumento di spesa e non come una diminuzione del carico fiscale per quasi 11 milioni di lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse.
Se rispetto al 2015 la situazione di quest’anno presenta un leggero miglioramento, lo stesso cosa non si può dire se la comparazione viene eseguita con il 1996 o il 2006. Rispetto a 20 anni fa, la situazione è peggiorata di 5 giorni (il tax freedom day era il 29 maggio), di 7 giorni rispetto al 1996 (peraltro anno bisestile).
Il perché abbiamo guadagnato 3 giorni sulla data del tax freedom day rispetto allo scorso anno, è ben spiegato dal coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Rispetto al 2015 il gettito complessivo del fisco è destinato a scendere di oltre 5 miliardi di euro. Quest’anno, infatti, le famiglie, ad eccezione di quelle proprietarie di ville, castelli e palazzi di pregio storico, non pagano la Tasi sulla prima casa, risparmiando circa 3,5 miliardi di euro. Le imprese, invece, non sono tenute al versamento dell’Imu sugli impianti imbullonati, da cui deriva una riduzione di gettito di 530 milioni di euro, mentre l’esenzione dell’Imu per i terreni agricoli vale 405 milioni. Le novità in materia di Irap, invece, prevedono l’abolizione dell’imposta per le imprese agricole e le cooperative di piccola pesca, con un risparmio di 167 milioni di euro. Il super ammortamento delle spese per investimenti al 140% e i nuovi crediti di imposta per le attività ubicate nelle aree svantaggiate del Paese garantiscono un minor gettito pari a 787 milioni di euro”.