Anche e soprattutto per le imprese italiane del lusso vale il discorso secondo il quale l’internazionalizzazione e l’export sono le chiavi imprescindibili per sopravvivere e per competere. Una certezza che è emersa anche in occasione del recente Luxury Summit del Sole 24 Ore tenutosi a Milano.
Una convinzione che è stata confermata anche dai dati macroeconomici relativi al 2015 e al primo trimestre del 2016, quando il comparto del lusso ha rallentato proprio nel momento in cui la crisi sembrava essere alle spalle; esattamente il contrario di quanto ha fatto negli anni più bui della recessione.
Una frenata che non deve però spaventare le aziende italiane del lusso poiché, come si scriveva più sopra, i mercati esteri, specialmente quelli al di fuori dell’Ue, continuano a essere i principali driver per le eccellenze del made in Italy, anche se con crescite più contenute rispetto al passato.
Lo ha confermato Andrea Illy, presidente di Fondazione Altagamma, quando ha affermato che “il mondo del lusso ha rallentato, è finita un’età dell’oro che forse speravamo durasse di più e i consumatori di oggi e del futuro sono profondamente diversi da quelli di appena qualche anno fa. Le crisi, ammesso che di crisi si possa parlare, sono però sempre delle opportunità: le aziende devono interrogarsi e allo stesso tempo guardare con fiducia ai milioni di persone delle classe medie di Paesi come la Cina, che hanno fame di prodotti di qualità e soprattutto di made in Italy”.
E una delle eccellenze delle imprese italiane del lusso è quella del tessile moda che, come ha ricordato il presidente di Sistema moda Italia, Claudio Marenzi, “è una delle ricchezze manifatturiere dell’Italia e può continuare a essere volano di crescita per il Paese. Tra le priorità deve esserci la salvaguardia della nostra filiera, unica al mondo, il che significa in particolare tutelare le Pmi. Occorre poi lavorare sul reshoring, favorendo, anche fiscalmente se possibile, il rientro di produzioni delocalizzate”.
Rimane quindi fondamentale per le aziende italiane del lusso continuare a “mettere il naso” al di fuori di casa, guardando ai mercati esteri più ricchi. Lo ha dimostrato durante il summit Nicola Pianon, senior partner di Boston Consulting Group, commentando lo studio da lui curato, dal titolo significativo di True Luxury Consumers Behavior: From China to Chinese. “Il rallentamento della crescita del Pil dal 7-8% al 5-6% non deve allarmare le aziende del lusso italiane – ha commentato Pianon -. I cinesi continuano a desiderare il made in Italy e ne apprezzano qualità e artigianalità, con un’avvertenza però: chiedono servizi online e offline sempre più articolati e sofisticati ed è su questo che i marchi devono investire”. Introducendo così i grandi temi del lusso, dell’e-commerce e degli investimenti dei grandi marchi sull’online, che saranno oggetto in futuro di approfondimenti.