La guerra sulla banda ultralarga non si gioca solo tra le telefoniche. Con l’ingresso nella partita di Enel Open Fiber, i player più importanti del settore, a partire dall’ex monopolista Telecom Italia, devono stare con le antenne ben dritte.
Lo ha confermato martedì scorso il presidente esecutivo del gruppo Telecom Italia, Giuseppe Recchi, a margine della presentazione del bilancio sociale del gruppo: “Siamo molto contenti che siano stati finalmente approvati i bandi, per cui parteciperemo a tutte le gare che verranno messe in appalto”, aggiungendo che “i piani di sviluppo di Enel nel campo della fibra ottica non sono una minaccia per Tim. La competizione non è una minaccia. Ma è importante che ci siano contesti regolatori equivalenti per tutti a beneficio del Paese, perché la concorrenza nelle infrastrutture migliora la capacità di copertura. Quindi è importante che le imprese siano messe tutte nelle stesse condizioni di competere”.
Se non puoi batterli, unisciti a loro, si dice. Un adagio che potrebbe applicarsi anche alla partita della banda ultralarga, con la collaborazione ventilata da più parti tra Enel e Telecom Italia? Su questo aspetto, Recchi è stato categorico: “Non è all’ordine del giorno. Tim è market leader nelle infrastrutture con ampissimo vantaggio. Il nostro mestiere è continuare a investire quanto abbiamo previsto nel nostro piano industriale. Siamo i più grandi investitori in Italia in qualsiasi settore di confronto in cui vogliamo metterci“.
Sempre, però, con il buon senso, si tratti di banda ultralarga o di altri investimenti: “Ci vogliono investimenti sostenibili dal punto di vista industriale e finanziario – ha infatti concluso Recchi – per evitare di costruire cattedrali nel deserto. Noi dobbiamo fare cattedrali di tecnologia”.