Abbiamo visto nei giorni scorsi come in Italia l’ e-commerce, nonostante un trend di crescita incoraggiante, sconti ancora un ritardo importante rispetto ai Paesi europei a lei più vicini, per non parlare dei colossi extra Ue. Abbiamo visto anche come questo ritardo è tanto più colpevole quanto più, come Italia, abbiamo eccellenze uniche da offrire ai mercati di tutto il mondo attraverso l’ e-commerce.
Una di queste eccellenze è il vino, il cui e-commerce, in Italia, è ben poco sviluppato. Una situazione che è ancora più incresciosa quando si leggono notizie come quelle della nascita di eBay Wine, una sezione del colosso mondiale dell’ e-commerce completamente dedicata al vino, con attualmente 10mila vini provenienti da 30 Paesi e oltre 500 regioni, anche italiane.
Ovvio che non si può competere con la potenza tecnologica e di marketing di eBay, ma perché devono arrivare prima gli americani su un business del genere, potendo contare su soldi e tecnologia e non su una vera cultura enologica? Eppure, che l’ e-commerce del vino sia un business potenzialmente infinito per l’Italia, non pare un concetto difficile da intendere. Forse solo da mettere in pratica.
Fatto sta che, nonostante restiamo il terzo Paese al mondo per consumo pro-capite di vino, la vendita online ancora non decolla, a dispetto dei progressi fatti dall’ e-commerce B2C negli ultimi anni.
Stando ai dati dell’Osservatorio e-Commerce B2C del Politecnico di Milano, in Italia la penetrazione dell’online sulla vendita totale di vino al consumatore finale è una tra le più basse al mondo, pari a circa lo 0,2% del mercato totale, per un controvalore di 24 milioni di euro. Un ritardo causato anche dal fatto che uno dei settori dell’ e-commerce meno sviluppati nel nostro Paese è quello del food, che totalizza solo il 2% delle vendite online.
In realtà non è difficile comprendere i perché di questi numeri, che sono molteplici e variegati. Al di la della antica diffidenza degli italiani verso l’ e-commerce, che va comunque via via attenuandosi, c’è da constatare che nel nostro Paese la commercializzazione del vino attraverso enoteche o GDO è talmente capillare che il consumatore finale ha meno difficoltà ad acquistarlo fisicamente anziché ordinarlo online.
Il problema, però, non è tanto stimolare il mercato interno del vino attraverso le vendite online, quanto aprire piattaforme di e-commerce che, dalle singole cantine o dai produttori locali, possano far viaggiare in tutto il mondo le loro pregiate bottiglie. Certo non è facile. Ci vogliono investimenti in tecnologia, in promozione e una logistica che funzioni come un orologio. In cambio, però, l’opportunità di avere il mondo come vetrina per la propria eccellenza italiana può contribuire a ripagare l’investimento anche in breve tempo. È l’ e-commerce, bellezza. Anche per il vino.