Ci lamentiamo tanto, noi italiani, del fatto che i grandi gruppi stranieri vengono a fare shopping da noi comprandosi le nostre aziende, e non ci accorgiamo di quanto le imprese italiane siano brillanti negli investimenti esteri. O magari ce ne accorgiamo solo quando a fare notizia sono i grandi nomi, come Lavazza che acquisisce la francese Carte Noire o Campari che punta Grand Marnier.
Gli investimenti esteri delle aziende italiane sono invece in larga parte in crescita, come sottolinea un’analisi del Centro Studi Impresa Lavoro, secondo la quale dagli anni Novanta gli investimenti esteri da parte di imprese italiane per acquisire il controllo o la partecipazione di aziende straniera, o per attivare una propria filiale all’estero sono stati maggiori degli investimenti esteri in entrata.
Secondo lo studio, lo scalino più marcato si è registrato a partire dal 2008, curiosamente (ma nemmeno troppo) in coincidenza con l’inizio della crisi economica; negli ultimi 7 anni la differenza tra gli investimenti esteri italiani e investimenti esteri indirizzati in Italia è passata dai 28,1 miliardi del 2007 agli 82,3 del 2008, ai 143,9 del 2014. Quest’ultimo è stato un anno importante anche sotto un altro aspetto: le imprese italiane hanno investito all’estero 547,6 miliardi contro i 403,7 miliardi investiti dalle aziende straniere in Italia.
La crescita degli investimenti all’estero delle imprese italiane ha portato indubbi vantaggi alle stesse, ma anche benefici all’economia dei Paesi nei quali gli investimenti sono stati indirizzati. Un trend confermato anche dal rapporto dell’ICE Italia Multinazionale 2014, secondo il quale le filiali delle imprese multinazionali nei vari Paesi fanno registrare prestazioni superiori rispetto alle imprese domestiche.