Uno dei temi sui quali, in Italia, siamo maggiormente sensibili, è quello delle pensioni. Additate da molti – a torto – come la principale causa del dissesto dei conti pubblici, ogni tanto fanno parlare di sé per dati e numeri interessanti.
Come quelli che emergono dalle tabelle Inps sugli anni di decorrenza delle pensioni sugli assegni di vecchiaia, che comprendono le anzianità, e ai superstiti del settore privato, secondo i quali nel nostro Paese sono quasi 500mila (474mila) le persone che percepiscono pensioni da prima del 1980. Da questo computo sono però escluse le pensioni sociali, quelle degli ex dipendenti pubblici, gli assegni di invalidità previdenziale e gli assegni agli invalidi civili.
Dal conteggio sono esclusi anche i baby pensionati del pubblico impiego ritiratisi dal lavoro prima del 1992 con almeno 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi nel caso di donne sposate con figli.
Con queste ultime esclusioni, il dato salirebbe non di poco. Inoltre, dai dati Inps risulta che per le pensioni di vecchiaia l’età media alla decorrenza, quando erogate, era di 54,9 anni mentre per quella ai superstiti scendeva a 41,3 anni.
Le pensioni erogate ai privati prima del 1986 sono più di 800mila e 527mila quelle di reversibilità. In alcuni casi, la stessa persona è titolare di entrambe le pensioni, qualora fosse già in pensione per vecchiaia oltre che superstite di un pensionato deceduto.
Se invece l’analisi si ferma agli assegni erogati prima del 1980 per ragioni differenti rispetto alla vecchiaia e alla reversibilità, quelli di invalidità sono 439.718 (con un’età alla decorrenza di 44,5 anni), quelli sociali poco meno di 25mila (24.308, con 33 anni l’età media alla decorrenza) e quasi 100mila (96.973) quelli di invalidità civile, con una media di 23,21 anni di età alla decorrenza.