Sono i molti ormai ad aver preso la buona abitudine di destinare il 5 per mille del proprio imponibile Irpef a iniziative sociali, ma non tutti, probabilmente, sanno come è nata l’idea.
Come spesso accade in Italia, nasce come una normativa che avrebbe dovuto essere sperimentale, con la legge Finanziaria (l’attuale legge di Stabilità) del 2006. Originariamente il contribuente, nel momento in cui compilava la propria dichiarazione dei redditi, poteva destinare il proprio 5 per mille solo a enti no-profit che si occupassero di finanziamento della ricerca sanitaria, finanziamento della ricerca scientifica e delle università, volontariato, Onlus, associazioni di promozione sociale o di altre associazioni autorizzate.
A differenza delle donazioni effettuate da privati a questi soggetti, con il 5 per mille non sono previsti maggiori oneri a carico del contribuente; oneri che, invece, sono a carico del Fisco, poiché il 5 per mille lega una parte del gettito dell’Irpef alle finalità che il contribuente vuole sostenere, sottraendolo allo Stato.
Con il passare del tempo, visto che il piatto si dimostrava ricco, la platea di quanti aspiravano al gettito del 5 per mille ha cominciato a ingrossarsi e sono cambiate sia le modalità di iscrizione per gli enti, sia le modalità di ripartizione della quota, sia la tipologia di enti beneficiari.
Ora, il contribuente, oltre alle categorie di cui sopra, può destinare il 5 per mille del proprio imponibile Irpef anche a nuovi soggetti:
- sostegno di organismi privati delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;
- sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi dal Coni a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale;
- sostegno delle attività sociali svolte dal proprio comune di residenza.
Vedremo domani come effettuare la scelta del 5 per mille sulla dichiarazione dei redditi.