La pressione fiscale sulle imprese e sulle famiglie è uno dei fattori che, in Italia, ostacolano maggiormente una vera ripresa. Ciò che più dà fastidio è che la pressione fiscale reale è molto diversa da quella “ufficiale”, che emerge molto spesso dalle stime governative. Questo perché la pressione fiscale reale è influenzata dall’economia sommersa.
Quest’ultima tra il 2011 e il 2013 è cresciuta di 4,85 miliardi di euro, a quota 207,3 miliardi di euro, il 12,9% del Pil, mentre quella al netto dell’economia non osservata è calata di 36,8 miliardi, sotto quota 1.400 miliardi.
Partendo da questi dati, l’Ufficio studi della Cgia ha stimato, in via molto prudenziale, che l’incidenza percentuale dell’economia non osservata sul Pil è rimasta la stessa anche dal 2013 al 2015, ed è arrivato a calcolare in quasi 211 miliardi di euro il peso dell’economia sommersa sul Pil nazionale lo scorso anno 2015, con rilevanti ricadute dal punto di vista fiscale.
Come ha commentato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, “nel 2015 al lordo dell’operazione bonus Renzi, la pressione fiscale ufficiale in Italia è stata pari al 43,7%. Tuttavia, il peso complessivo che il contribuente onesto sopporta è di fatto superiore ed è arrivato a toccare la quota record del 50,2%”.
Secondo gli artigiani mestrini, la progressione della pressione fiscale ufficiale e ufficiosa negli ultimi 4 anni è stata costante: nel 2011 erano pari al 41,6% e al 47,4%, nel 2012 al 43,6% e al 49,9%, nel 2013 al 43,5% e al 49,9%, nel 2014 al 43,6% e al 50,0%, nel 2015 al 43,7% e al 50,2% (per il 2014 e il 2015 si tratta di stime).
Per avere un quadro di riferimento chiaro, la Cgia ricorda che “la pressione fiscale è data dal rapporto tra l’ammontare complessivo del prelievo (imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali) e il Prodotto interno lordo (Pil) che si riferisce non solo alla ricchezza prodotta in un anno dalle attività regolari, ma anche da quella “generata” dalle attività sommerse (cioè non in regola con il fisco) e da quelle illegali che consistono in uno scambio volontario tra soggetti economici (contrabbando, prostituzione, traffico di sostanze stupefacenti)”.
Lapidario il commento del segretario della Cgia, Renato Mason: “E’ evidente che con un peso fiscale simile sarà difficile trovare lo slancio per ridare fiato all’economia del Paese in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta”.