Abbiamo visto ieri come la Germania continui a essere un mercato strategico per le calzature italiane. Un mercato che, per quanto importante, non riesce però da solo a sopperire alla caduta fragorosa dell’export delle calzature italiane in Russia, a causa dell’embargo economico imposto al Paese di Putin.
Anche per questo, il 2015 per l’industria calzaturiera italiana non è stato un anno facile. Se l’occupazione ha fatto registrare una crescita modesta dopo 3 anni in calo (+0,6%) e l’export, nei primi 10 mesi ha fatto segnare un +1,5%, la zavorra russa si è sentita eccome e ha trascinato a fondo anche molti altri Paesi ex sovietici: -34%, oltre a un -45% in Ucraina e a un -24% in Kazakhstan.
Non solo le sanzioni economiche hanno però fatto tracollare le esportazioni di calzature italiane in Russia. La debolezza del rublo e i prezzi del petrolio ai minimi storici hanno inciso forse più dell’embargo, sia nei confronti delle aziende italiane che esportano direttamente, sia nei confronti dei grandi gruppi del lusso francesi per i quali molte di esse lavorano.
Per quanto non basti a compensare le perdite registrate in Russia, l’export globale delle calzature italiane nel 2015 è cresciuto: +32% in Corea del Sud, +16,4% negli Stati Uniti, +16% in Cina.
Con un fatto da non sottovalutare, però: sui mercati cinese e statunitense, quelli che vanno per la maggiore sono i grandi marchi, sia internazionali sia italiani, mentre le piccole e medie imprese delle calzature italiane che non sono sufficientemente strutturate per affrontare queste realtà rimangono comunque in sofferenza.
Ecco perché diventa ancora più importante l’opera di sostegno al mercato delle calzature italiane svolta da Assocalzaturifici a tutela delle imprese della filiera.