L’Italia non è un Paese per giovani, nemmeno per quello che riguarda le partite Iva. Mentre in questi giorni si fa un gran discutere intorno allo statuto del lavoro autonomo e al futuro di quelli che, giustamente, il presidente dell’Int Alemanno chiede siano individuati semplicemente per quello che sono, professionisti, un’analisi sull’apertura delle nuove partite Iva in Italia nel 2015 offre qualche spunto di riflessione.
Per essere precisi, la riflessione che viene più immediata ha un carattere “generazionale”. Aspettando i dati completi dello scorso anno dall’Osservatorio delle partite Iva del ministero del Tesoro (manca ancora il mese di dicembre), si può già constatare che lo scarto tra le nuove partite Iva aperte da under 35 (poco meno di 154mila, -15,6% anno su anno) e quelle aperte da over 50 (più di 52mila, +6% anno su anno) è significativo.
Significativo nelle percentuali, significativo nella segmentazione. Perché, all’interno di quei 52mila over 50 ce ne sono oltre 15mila over 65, +20% anno su anno. Significativo anche perché i giovani hanno il segno meno, i maturi il segno più. Tra questi ultimi, molti pensionati che sfruttano la propria esperienza aprendo partite Iva per integrare i guadagni della pensione, tra gli over 50 molti dipendenti espulsi dal mondo del lavoro e improvvisatisi professionisti.
Proprio questo è il problema, l’improvvisazione. Un tratto comune sia ai giovani, magari al loro ingresso vero nel mondo del lavoro e senza gli strumenti adatti per affrontare il mondo dei professionisti, sia ai più anziani. Partite Iva quasi per caso, spesso senza un’idea chiara di che cosa significa lavorare in proprio né di quanto sia giusto e congruo farsi pagare.
Di questo passo, quindi, non stupisce che, negli anni della crisi, al crescere del numero delle partite Iva sia corrisposto un calo dei redditi medi dei professionisti di quasi il 20% e che la forbice tra i guadagni degli under e degli over 40 si sia allargata fin quasi al 50% a favore di questi ultimi.
Insomma, se il fenomeno delle partite Iva in Italia è ormai trasversale a diverse fasce di età, il problema non è tanto quello di mettere una generazione contro l’altra, ma di offrire a entrambe le medesime, minime tutele delle quali ogni professionista ha bisogno. È quello che, in maniera sicuramente perfettibile, si propone di fare lo statuto del lavoro autonomo. È un primo passo, ma, in Italia, il limite è spesso quello di non muovere nemmeno quello. Dove vogliamo andare, sennò?