Quando in Italia prende piede una nuova tendenza, specialmente se legata al web e specialmente se con un nome inglese, in molti si fanno prendere dalla smania della novità e cominciano a cavalcare la moda. Con il fenomeno del crowdfunding, per esempio, succede così.
Ricordiamo che con crowdfunding si indica una formula che, attraverso il web, consente di raccogliere piccoli finanziamenti da parte di soggetti potenzialmente sterminati, il cui totale consente poi a chi ne beneficia di realizzare progetti di varia natura (imprenditoriale, politica, sociale…), ricompensando i donatori con riconoscimenti vari, i più significativi dei quali sono parte dei profitti o azioni della società finanziata, qualora si tratti di progetti del cosiddetto equity crowdfunding.
La raccolta dei fondi sul web avviene attraverso apposite piattaforme cui aderiscono i soggetti che hanno progetti da finanziare in crowdfunding. Per fortuna, in Italia non è possibile svegliarsi al mattino e implementare una piattaforma a questo scopo; quelle che ci sono, e quelle che vorranno esserci, sono sottoposte a normativa Consob, la società che vigila sulle operazioni di Borsa.
C’è infatti in Consob un apposito registro nel quale, tra le altre cose, i soggetti che vogliono attivare piattaforme di crowdfunding devono certificare la propria affidabilità e la qualità del servizio da loro reso. Fanno parte di questo registro i soggetti che ne fanno richiesta (accettata…), le banche e le società di investimento (Sim).
Come si diceva, quindi, anche l’Italia sta scoprendo il fenomeno del crowdfunding anche se i numeri in gioco sono per forza di cose minori che in altre realtà mondiali. Un po’ per il fatto di essere arrivati dopo, un po’ per le dimensioni non esagerate dei progetti finanziati nel nostro Paese. Stando alle cifre attuali, negli ultimi 12 mesi le piattaforme nostrane hanno raccolto circa 11 milioni di euro su un totale di 23, a fronte degli 1,6 miliardi di dollari del Nord America.
Eppure, specialmente per le start-up innovative, le realtà maggiormente inclini a ricorrere al crowdfunding per il proprio finanziamento, l’occasione è di quelle ghiotte. A maggior ragione se si sceglie di utilizzare la formula dell’equity crowdfunding (di cui abbiamo detto sopra) anziché quelle più classiche del crowdfunding per prestito o per donazione.
Anche perché la normativa Consob che regola la prassi dell’equity crowfunding è decisamente all’avanguardia in Europa e nel mondo, essendo stata varata in anticipo persino rispetto a quella americana.
Inoltre, i margini di sviluppo dell’equity crowdfunding sono decisamente più ampi delle formule in prestito o donazione: basti pensare che, a livello globale, questo tipo di formula cuba circa 116 milioni di dollari (30% annuo), contro i 1,2 miliardi di dollari del crowdfunding su prestito (+111% annuo) e degli 1,4 miliardi di quello su donazione (+85%).