Abbiamo visto nei giorni scorsi come le esportazioni di vino italiano nel mondo in questo 2015 stiano mettendo a segno numeri di tutto rispetto. Ebbene, questo dato è tanto più interessante quanto più fa il paio con un altro trend che ne discende come diretta conseguenza: il divario sempre più ridotto tra il valore delle esportazioni di vino italiano e di vino francese nel mondo.
Attenzione, parliamo di valore delle esportazioni, di volume d’affari e non di volumi in termini di quantità. Su questo fronte, infatti, il vino italiano nel 2014 ha stracciato quello francese: 20,5 milioni di ettolitri venduti nel mondo, contro i 14,4 milioni dei francesi.
Un bel dato, che però non basta, perché l’essere i primi in quantità su molti mercati non ha lo stesso peso dell’esserlo in valore, nonostante negli ultimi anni il valore medio al litro del vino italiano sia decisamente aumentato, passando da 1,75 euro/litro del 2009 a 2,49 euro/litro del 2014 (+42%).
Se, infatti, compariamo il 20,5 a 14,4 in termini di ettolitri a favore del vino italiano con il 7,7 miliardi di euro a 5,1 a favore della Francia, abbiamo le dimensioni del fenomeno (dati 2014). Si capisce quanto ancora dobbiamo lavorare in termini di marketing e di promozione di un prodotto che, in moltissimi casi, è qualitativamente superiore a quello francese sotto molti aspetti.
C’è però da sottolineare un dato. Sul totale dei 7,7 miliardi di valore della Francia, 2,4 (il 31%) provengono dagli champagne, mentre i nostri omologhi, gli spumanti, cubano sul totale del valore di export del vino italiano solo 840 milioni di euro. Se quindi si fa una semplice operazione matematica scorporando dai due valori quelli dello champagne e degli spumanti si arriva a 5,3 miliardi per l’export del vino francese e a 4,3 miliardi per il vino italiano. Un gap di “solo” 1 miliardo contro i 2,6 del dato aggregato.
Un divario che può essere colmato nei prossimi anni se si guarda agli incrementi in termini di prezzo unitario che il vino italiano ha riscontrato da almeno 5 anni a questa parte. Ma, in questo caso, il cambio di rotta non può essere lasciato solo nelle mani del mercato. Dovrà essere l’intero sistema dell’enologia italiana a migliorare la propria capacità di vendere all’estero un prodotto straordinario.
È un dato di fatto, del resto, che i cugini francesi sono molto più bravi di noi a fare sistema e a vendere un’idea prima che un prodotto; perché se tanti vini francesi sono straordinari, è pur vero che dietro a migliaia di “chateau” qualsiasi, capaci di mandare in estasi un consumatore straniero solo con la potenza evocativa di un nome, ci sono prodotti ben più scarsi di un qualsiasi Brunello o Barolo di casa nostra.
Se poi pensiamo che, come stima Assoenologi analizzando i primi sei mesi del 2015, per il vino italiano esportato risulta un incremento del 6,5% in valore, con una leggera contrazione della quantità, pari a -1,6%, è ancora più chiaro che i francesi non sono per nulla irraggiungibili.