L’autunno si avvicina e con esso, si spera, la riforma fiscale per le partite Iva di cui il premier Renzi va parlando da tempo. Da troppo tempo, tanto che in questa seconda metà di agosto comincia ad arrivare qualche indiscrezione su quelle che potrebbero essere le linee principali su cui basare questa riforma fiscale.
Intanto, si parla di una cancellazione solo parziale del regime dei minimi a partire dal 2016 e non di una integrale, come si ipotizzava. In questa riforma fiscale, l’aliquota unica al 5% potrebbe restare ed essere applicata alle start up per i primi 3 anni di attività, dopodiché entrerebbe in vigore il regime forfettario con aliquota al 15%.
Altra novità possibile che accompagnerà la riforma fiscale potrebbe riguardare un graduale avvicinamento delle aliquote previdenziali per le partite Iva che versano i contributi alla gestione separata dell’Inps a quelle di chi ha invece un albo con la propria cassa di previdenza obbligatoria. L’attuale aliquota della gestione separata Inps, al 27,72%, dovrebbe arrivare al 33,72% entro il 2018, come previsto dalla legge Fornero, a fronte di casse degli albi le cui aliquote variano tra il 12% e il 16%. Il governo vorrebbe limare queste differenze, dopo aver bloccato temporaneamente gli scatti previsti dalla Fornero.
Inoltre, la riforma fiscale potrebbe toccare lo spinoso problema dell’estensione del regime di cassa a tutti i lavoratori autonomi e non più solo a parte di essi, per porre fine all’assurdità del calcolo delle imposte sulla base di quanto fatturato anziché sulla base di quanto realmente incassato.
Infine il capitolo Irap, per la quale si vocifera di un’abolizione totale per le imprese di persone fisiche, unita all’introduzione di limiti sui compensi dei dipendenti e sugli acquisti di beni strumentali. Saranno sufficienti questi punti per rendere questa riforma fiscale una buona riforma? Ammesso e non concesso che avrà luogo…