Questa è una settimana di passione per i contribuenti italiani. Spinto un po’ più in là lo spauracchio di Unico 2015, in questi giorni si fanno i conti con Imu e Tasi. E, come spesso accade in queste occasioni, c’è qualcuno che, meritoriamente, fa i conti in tasca alle amministrazioni per capire quanto incassano da Imu e Tasi e quanto i contribuenti vengono spennati.
Secondo le elaborazioni dell’Ufficio studi di Confartigianato su dati di ITWorking l’aliquota media di Imu e Tasi è del 9,97 per mille, ma gli scarti sono molto significativi a seconda delle regioni e delle città che vengono prese in esame. Soprattutto, rileva Confartigianato, le tipologie di immobili che sono colpite più pesantemente da Imu eTasi sono quello produttive come laboratori, capannoni, ristoranti.
Nello specifico, la regione che se la passa peggio è l’Umbria dove, tra Imu e Tasi, le attività produttive subiscono un’aliquota media del 10,34 per mille. Seguono Campania (10,19) e Sicilia (10,16). All’altro capo della classifica troviamo la Valle d’Aosta, con un più modesto 8,16 per mille, il Friuli Venezia Giulia (8,97) e la Sardegna (9,05).
Sempre secondo i calcoli di Confartigianato, tra il 2012 e il 2014 la tassazione sugli strumenti di lavoro delle imprese tra Imu e Tasi è cresciuta di quasi il 20% (18,4%), in controtendenza rispetto a quanto è accaduto per le abitazioni principali: -10%. Un rincaro che si è tradotto, in cifre, in 138 euro in più di pressione fiscale sugli immobili produttivi.
Tornando alle valutazioni locali e passando dalle regioni ai comuni, Confartigianato rileva che il capoluogo in cui gli imprenditori se la passano peggio è Trieste, dove le aliquote di Imu e Tasi arrivano al 10,99 per mille; seguono gli imprenditori di Lucca (10,57) e di Terni (10,54). Meno mazzolati quelli di Aosta, con l’aliquota di Imu e Tasi più bassa: 8,16 per mille, seguiti da due realtà della Sardegna, l’Ogliastra (8,19 per mille) e Oristano (8,25).