Confassociazioni torna sul decreto attuativo del Jobs Act che riguarda la conciliazione vita-lavoro. “Lo scorso 11 giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto attuativo del Jobs Act sulla conciliazione vita-lavoro in vigore a fine giugno – ha dichiarato Federica De Pasquale, vicepresidente di Confassociazioni con delega alle pari opportunità -. Ancora una volta, però, dobbiamo registrare il fatto che il decreto non contribuisce in alcun modo ad aiutare chi è iscritto alla Gestione separata dell’Inps, non potendo accedere alle agevolazioni previste per il lavoratore dipendente in caso di maternità, malattia o assistenza a un famigliare disabile“.
“Auspicavamo maggiore coraggio da parte del Governo nei confronti del mondo delle partite Iva che rappresentiamo – ha proseguito De Pasquale di Confassociazioni – ma, ancora una volta, dobbiamo prendere atto che si continuano a discriminare i professionisti e i lavoratori autonomi pure quando si parla di famiglia e di diritto alla maternità. Il provvedimento va a modificare anche alcune parti del testo unico a tutela della maternità (n. 151 del 26 marzo 2001) e si impegnerebbe a rendere più flessibile il congedo di maternità/paternità, sia quello facoltativo (sei mesi) sia quello parzialmente retribuito al 30% prorogandolo fino all’età di 6 anni del bambino. Pur avendo esteso l’erogazione dell’indennità ‘anche ai lavoratori e alle lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui alla legge n. 335/95, non iscritti ad altre forme obbligatorie e anche in caso di mancato versamento dei relativi contributi’, per questa categoria di mamme e di papà nei fatti non cambia nulla, permanendo l’assurdo vincolo di astenersi dall’attività lavorativa per tutto il periodo in cui si usufruirebbe del congedo”.
“Sia chiaro: non è obbligatorio, ma lo diventa perché a questa astensione è subordinato il pagamento dell’indennità. Ancora una finta agevolazione per la nostra categoria visto che le professioniste iscritte alla gestione separata possono accedere all’indennità di maternità a condizione che l’astensione effettiva dall’attività lavorativa sia attestata da apposita dichiarazione. Così, nei fatti, si continua a impedire a tante donne di usufruire della tutela prevista alle loro omologhe iscritte a casse professionali private o alle gestioni speciali Inps (come artigiane, commercianti)”.
“Porre l’aut-aut, indennità o lavoro, è una discriminazione insopportabile – puntualizza la vicepresidente di Confassociazioni -. Infatti, se la professionista scegliesse di percepire l’indennità nessuno può garantirle di riuscire a mantenere la sua attività, anzi c’è il rischio di doverla chiudere per l’automatica diminuzione del giro d’affari e del numero clienti, portafoglio costruito nel tempo con professionalità. Di contro, se scegliesse il lavoro, dovrebbe rinunciare all’indennità di maternità per la quale ha, nel corso della sua vita lavorativa, regolarmente pagato i contributi all’Inps e che continuerebbe a versare anche nel periodo della maternità se optasse per il congedo”.
“L’altra assurdità che infine rileviamo – conclude la vicepresidente di Confassociazioni – è, comunque, la durata delle nuove disposizioni in materia di congedo parentale. Il recente decreto sarà valido in via sperimentale solo per il 2015, in pratica per sei inutili mesi. Un finto bonus temporale che non potrà essere prorogato per il 2016 mancando la copertura finanziaria. In tutto questo è doveroso ricordare che sono già scaduti i termini per iscrivere i bambini agli asili nido comunali e, che, spesso il reddito ISEE del nucleo familiare di un libero professionista supera, anche se non di molto, la soglia minima prevista per ottenere gli assegni familiari del comune, così come il voucher di 600 euro al mese per baby sitter e asili nido (valido per 6 mesi se si tratta di neo mamme dipendenti e per soli 3 mesi per le neo mamme iscritte alla gestione separata Inps). Con l’ottimismo che ci contraddistingue, informiamo il Governo che la nostra battaglia per garantire pari trattamento ai genitori liberi professionisti non si ferma: il diritto alla maternità deve essere uguale per tutte le categorie di lavoratori come avviene in tutta Europa“.