Dopo gli ennesimi scandali legati all’assegnazione dei lavori per Expo 2015, l’iter per la definizione e l’approvazione del nuovo codice degli appalti ha finalmente subito in Parlamento una salutare accelerata. Perché, pur consapevoli del fatto che il malaffare difficilmente sarà sconfitto, l’Italia ha bisogno come il pane di un nuovo codice degli appalti.
Lo sanno anche gli architetti italiani, che in una nota a firma di Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, hanno commentato lo stato dell’arte sul nuovo codice.
“La vera sfida del nuovo Codice degli Appalti – ha detto Freyrie – deve essere quella di usare la leva della buona architettura contro mafie e corruttele. E’ il principio dell’unità del progetto nelle fasi preliminari, definitive ed esecutive che deve essere recuperato per definire, accanto alla garanzia del diritto d’autore, la responsabilità di chi progetta. Il senatore Zanda va al cuore del problema quando afferma che ‘dobbiamo ridare al progetto la centralità che deve avere. Se non lo facciamo non possiamo poi lamentarci della necessità di varianti in corso d’opera. Un buon progetto non può avere sorprese’”.
“Se con il nuovo Codice degli Appalti finalmente – ha proseguito Freyrie -, il Governo e il Parlamento decideranno che nelle gare si vince sulla base di criteri di qualità del progetto, non solo avremo buone architetture pubbliche, realizzate bene e al giusto costo, ma avremo anche inferto un colpo molto serio alle mafie, che sugli appalti pubblici hanno costruito le fondamenta della loro economia. Avremmo anche finalmente la possibilità di assicurare ai cittadini italiani una buona opere utili e belle”.