Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lunga lettera aperta a istituzioni e partiti a firma del presidente di Federarchitetti Paolo Grassi e del segretario nazionale Maurizio Mannanici sulle criticità della libera professione come architetti e ingegneri evidenziate da Federarchitetti S.N.A.L.P.
Il testo sugli interventi di modifica al Codice dei Contratti, di cui al Ddl S.1678 licenziato dal Senato ed inclusivo delle integrazioni dei relatori on. Esposito e Pagnoncelli, prevede positive misure indirizzate verso obiettivi di sviluppo e tutela sugli esiti degli appalti. Tuttavia, in particolare per quanto attiene la formazione dei servizi di progettazione, le stesse appaiono ancora “timide” e non adeguate a mutare in modo radicale uno scenario, quale quello attuale, particolarmente denso di criticità.
In linea generale, emerge l’intenzione di porre attenzione ai contributi delle categorie interessate al processo di realizzazione delle opere anche per acquisire indirizzi atti a far emergere le potenzialità delle singole professioni, unitamente ad una semplificazione degli obblighi burocratico-documentali.
Altresì positivi appaiono i principi volti a favorire l’unitarietà dei diversi livelli progettuali, l’omogeneità delle procedure e delle regole di affidamento sull’intero territorio nazionale, in linea con le direttive Ue, e la creazione di un Albo nazionale che individui i soggetti idonei a rivestire il ruolo di componente di Commissioni giudicatrici degli appalti.
Ancora positive sono le scelte che prevedono il divieto sia alla richiesta di cauzione sia alla incidenza di elementi di natura economica in fase di prequalifica per imprese e professionisti, così come il divieto di attribuzione dei compiti di Direzione Lavori nel caso di affidamento ad un Contraente generale, aprendo al concetto di scissione di responsabilità nello svolgimento delle esecuzione delle opere.
Significativo è il riconoscere centralità alla fase progettuale a garanzia della qualità delle elaborazioni a base degli interventi, anche per limitarne successivi ostacoli, insieme a regole di facilitazioni di accesso al mercato per le piccole imprese, da estendere anche alle prestazioni di servizi di progettazione e alle procedure di affidamento.
Per Federarchitetti, tuttavia, continuano a persistere nodi che devono essere necessariamente affrontati se si vuole che positive intenzionalità abbiano concreta applicazione.
La volontà delle nuove generazioni nella scelta di un’attività autonoma continua ad essere ostacolata da una realtà normativa che determina redditi medi minimi, non favorisce la continuità del lavoro e allontana prospettive pensionistiche, mentre emerge, di contro, la necessità di un ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni per offrire la possibilità di un nuovo rapporto tra settore pubblico e privato, improntato su regole certe, responsabilità definite ed assenza di percorsi discrezionali che agevolano opportunità di corruzione.
Diventa sempre più prioritario definire il ruolo che la pubblica amministrazione, in particolare con i propri uffici tecnici, deve ricoprire nel sistema strutturale del Paese.
La stessa P.A. deve predisporre regole e condizioni per un corretto sviluppo dei soggetti operanti nel mercato, senza sostituirsi al privato in improbabili funzioni interne che ne limitano gli spazi minandone ogni necessaria trasparenza. Dualmente, sono da ridurre le procedure in-house condotte da numerosi Enti che, nel controllo del proprio operato producono, nel migliore dei casi, danni economici e culturali, come ampiamente riscontrato, e che, nei contratti integrati del comparto privato, concentrano riconosciuti aspetti negativi.
Va evidenziato che le basi retributive del pubblico impiego, già sostenute a livello dirigenziale da incrementi di posizione e di risultato, non trovano alcuna giustificazione, se non in un eccesso di protezione e clientelismo politico e sindacale verso lo stesso, nel mantenimento dell’incentivo del 2% per le attività di progettazione degli Uffici tecnici, escludendone la competenza ai liberi professionisti.
Di contro, è auspicabile l’immissione di procedure che rendano sinergica l’azione pubblico-privata e la soppressione della contraddizione dei Sindacati che, agevolando i dipendenti del settore pubblico, indeboliscono la crescita degli addetti degli studi professionali da essi stessi rappresentati.
Tra i vari aspetti, fondamentale è l’effettiva riduzione delle Stazioni Appaltanti al fine di semplificare ed omogeneizzare le procedure tagliando il perpetuarsi di abusi insiti nel clientelismo locale. Ancora flebili sono i tentativi ed i risultati in tale auspicata direzione.
In linea con principi di garanzia occorre che, come per le Commissioni aggiudicatrici degli appalti, anche le funzioni dei collaudi abbiano riferimenti centralizzati, anche interregionali, concepiti per fasce di esperienze con applicazione di sistemi informatici e/o introduzione di sorteggi, onde sviluppare in condizione di trasparenza le procedure di controllo che risultano ancora foriere di gravi anomalie.
Il coinvolgimento dei giovani nel lavoro può prevedersi in misura proporzionale ed obbligatoria agli importi nella progettazione e realizzazione delle opere, mentre per i piccoli e medi studi professionali deve essere previsto l’inserimento nei grandi interventi appannaggio delle Società di ingegneria, come del resto già previsto per le imprese, non solo a favore di una crescita degli stessi ma anche a vantaggio di un più ampio confronto culturale e di qualità degli interventi.
Le priorità già segnalate, all’attuale come ai precedenti Governi, oltre ad essere finalizzate allo sviluppo del settore libero professionale, oggi soccombente a livello internazionale, offrono ampi margini all’abbattimento della corruzione, costituendo fondamento per un’architettura qualitativamente elevata nella generalità degli operatori, se supportata da adeguate scelte della P.A.
Si confida in una particolare attenzione alla luce dei molteplici aspetti di crisi oggi presenti nel settore dei pubblici appalti.