Le imprese di immigrati in Italia, lo abbiamo visto nei giorni scorsi, sono centinaia di migliaia, creano posti di lavoro e ricchezza tanto per il nostro Paese quanto per le terre d’origine degli imprenditori. Però, come le imprese italiane, anche quelle di immigrati sono spesso alle prese con problemi di accesso al credito, in questi anni di spietato credit crunch.
Se n’è accorto anche il governo, particolarmente sensibile, in questi giorni di tragedia, a tutto ciò che ha a che fare con il tema immigrazione. Tanto che il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi ha sottolineato come servano più soldi per le imprese di immigrati, liquidità da erogare sotto forma di prestiti bancari o di agevolazioni fiscali concesse dallo Stato.
L’intervento del ministro Guidi è avvenuto davanti Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen. Una presa di coscienza tardiva ma importante, perché non si può fingere di ignorare che su 6 milioni di imprese in Italia, quasi 400mila sono imprese di immigrati extracomunitari, il 9,5% in più da 5 anni a questa parte.
Considerando che, stando ai dati relativi al 2013, la richiesta di credito da parte delle imprese di immigrati è stato dell’11% rispetto al totale del credito chiesto dalle imprese italiane, la Guidi ha affermato che “un primo, importante intervento è quello relativo alla facilitazione per l’accesso al credito delle piccole e medie imprese. Si rende necessario vigilare con attenzione per evitare sovra-indebitamenti o il ricorso a canali di finanziamento meno controllabili, legati ad attività poco tracciabili e quindi di natura illecita“.
Detto questo, che è un discorso che vale tanto per le imprese gestite da italiani quanto per le imprese di immigrati, il ministro auspica poi che da parte degli imprenditori stranieri siano attivati “processi di aggregazione anche con imprese autoctone, al fine di evitare una competizione al ribasso tramite il contratto di rete, strumento molto apprezzato dalle imprese, in particolare di micro e piccole dimensioni“.
Non manca un riferimento alle start up, molto diffuse tra gli immigrati: “Un ulteriore efficace strumento – ha concluso la Guidi – potrebbe essere rappresentato dall’estensione delle agevolazioni previste per le start up anche alle ‘Nuove imprese di cittadini extra Ue’, al fine di favorire la diffusione e la crescita di competenze e innovazione, non solo di processo e di prodotto, ma anche commerciale, finanziaria e organizzativa“.