Il governo fa mea culpa sul 730 precompilato e i commercialisti esultano. No, purtroppo l’Esecutivo non ha riconosciuto globalmente le mancanze del 730 precompilato, ha solo definito “un errore” la scelta di addossare ai commercialisti e ai Caf la responsabilità delle maggiori imposte, interessi e sanzioni per il nuovo modello. Ma tanto è bastato.
Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha infatti espresso il proprio apprezzamento per le dichiarazioni sull’errore, venute dal sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti. “Finalmente dalla politica arrivano su questo tema parole ragionevoli – ha commentato il presidente nazionale della categoria, Gerardo Longobardi -. Ora il nostro auspicio è che queste dichiarazioni abbiano un seguito e che l’intera normativa sulla responsabilità dei commercialisti e dei Caf legate al 730 possa essere rivista quanto prima”.
“Il nostro Consiglio nazionale – ha poi spiegato Longobardi – non esitò a definire incostituzionali le norme sanzionatorie già nel corso di un’audizione parlamentare del luglio dello scorso anno, perché in palese contrasto con il principio di capacità contributiva. Un punto di vista a suo tempo fatto proprio dalla Commissione Finanze e Tesoro del Senato e poi, purtroppo, ignorato dall’esecutivo. Le dichiarazioni consapevoli e responsabili del sottosegretario Zanetti sembrano aprire uno spiraglio per la revisione di una norma che, a cascata, ha generato problemi anche in tema di assicurazioni, con potenziali conseguenze per i contribuenti, ai quali, paradossalmente, la precompilata potrebbe costare più del 730 degli scorsi anni”.
“Lo stesso premier, Matteo Renzi – ha concluso Longobardi – ha affermato che per il 2015 il 730 precompilato ha finito per essere una sorta di ‘numero zero’. Bene, almeno al numero uno si arrivi più preparati, per fornire un servizio davvero utile ai contribuenti e per evitare che anche questa incombenza venga utilizzata per riversare sulle sole spalle degli intermediari, in primis i commercialisti, un notevole e neppure riconosciuto aggravio di lavoro”.