Avrebbe dovuto essere una rivoluzione, si sta dimostrando un flop. Parliamo del Tfr in busta paga, che è possibile scegliere da questo mese e che, stando ai primi dati, sta registrando un’adesione piuttosto scarsa.
Una freddezza di fronte al Tfr in busta paga confermata da Confesercenti la quale, attraverso un sondaggio effettuato con Swg, ha rilevato che, all’inizio del mese, ne hanno fatto richiesta solo 6 dipendenti su 100, mentre un risicato 11% vorrebbe farlo entro la fine del 2015. Ben l’83% intende invece non richiedere il Tfr in busta paga, ma preferisce lasciarlo in azienda.
Un dato, quello sui dipendenti, confermato dalle imprese, come sottolinea Confesercenti: “l’82% non ha ricevuto o pensa di non ricevere richieste di Tfr in busta paga da parte dei propri dipendenti”.
Qual è il motivo che ha spinto molti italiani a non aderire alla possibilità del Tfr in busta paga? Secondo Confesercenti, il 58% degli intervistati non se n’è servito per “la volontà di non erodere la liquidazione da riscuotere a fine rapporto di lavoro“, mentre il 10% ha dichiarato di non aver richiesto il Tfr in busta paga per non creare difficoltà all’azienda.
C’è però da sottolineare che la maggior parte degli intervistati non ha scelto l’opzione del Tfr in busta paga per ragioni fiscali. La nota di Confesercenti a commento del sondaggio sottolinea infatti che c’è “un rilevante 30% che dichiara di non avere approfittato dell’opzione per via dell’eccesso di fisco: il Tfr, se percepito in busta paga, viene infatti tassato con aliquota ordinaria, e non ridotta come quando viene preso alla fine del rapporto di lavoro. Oltretutto, incide negativamente sulle tabelle Anf e sulla determinazione dell’Isee (questione dirimente soprattutto per le fasce di reddito più deboli, che sarebbero dovute essere le principali beneficiarie del provvedimento)“.
Ma a che cosa servirà il Tfr in busta paga a coloro che lo hanno scelto? Secondo il sondaggio di Confesercenti, i lavoratori che hanno chiesto di avere il Tfr in busta paga, “utilizzeranno la liquidità aggiuntiva soprattutto per saldare debiti pregressi, destinazione indicata dal 24% del campione” (1.500 su 3.800). Il “20% lo destinerà alla previdenza integrativa, mentre solo il 19% lo impiegherà per acquisti di vario genere. Il 35%, invece, non ha ancora un programma“.
Insomma, i risultati parlano chiaro – il Tfr in busta paga non convince – e anche Confesercenti ne è consapevole: “Dalla nostra indagine – ha infatti commentato il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni, – emerge chiaramente come gli italiani continuino a valutare positivamente l’istituto Tfr, e ritengono che sia più utile mantenere intatta la liquidazione piuttosto che usufruire di poca liquidità in più ogni mese“.