Che cosa sarebbe il vino italiano senza l’export e senza l’amore e il successo che riscuote all’estero. Una gran cosa, sempre, ma zoppa. Lo sanno benissimo a Vinitaly 2015 dove, a due settimane dall’apertura del più grande appuntamento per il vino italiano, è stato raccolto il sentiment dei buyer di alcuni dei mercati mondiali più importanti: Cina, Vietnam, Corea del Sud, Brasile, Messico, Australia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia..
Dall’indagine svolta nell’ambito di Vinitaly 2015 è risultato che i feedback migliori arrivano dai partner storici dell’export di vino italiano, come la Germania, gli Usa e la Gran Bretagna. L’India, invece, si dimostra ostica e la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, paga la peggior svalutazione del rublo degli ultimi anni e l’embargo, mentre il Brasile paga dazi altissimi.
In Cina è importante sfruttare la debolezza manifestata nel 2014 dalla Francia, “lavorando sulla costruzione di brand forti”, come racconta David Chow, di Altavis Fine Wines, perché questa, per i vini italiani “è una nuova era di sviluppo, a patto che si parli di prezzi ragionevoli”.
In Vietnam, “il mercato del vino è cresciuto molto velocemente ed i protagonisti sono stati la Francia e l’Italia, ma c’è da fare i conti con una polarizzazione dei consumi, tra bottiglie sotto i due euro e vini sopra i venti”, dice Nguyen Dui Tuan, di Top Wine Director. Anche in Corea del Sud “si sta sgonfiando la bolla dei vini francesi e la gente guarda agli italiani, più accessibili”, sostiene invece Mang Shang Woon, della World Liquor Co.
Spostandoci in Sudamerica, in Brasile “i vini rossi toscani stanno facendo bene, così come le bollicine di Lambrusco e Franciacorta – dice Almir Luppi Dos Anjos, di Epicerie De Bebidas Ltda – ma l’aspetto più problematico è quello che riguarda la pressione fiscale, altissima in questo Paese, tanto che il prezzo medio delle bottiglie che acquistiamo si aggira sui due-tre euro”. E a Vinitaly 2015 lo sanno.
Tra i Paesi americani più in salute cui guarda Vinitaly 2015 c’è il Messico, dove “la cultura del vino sta crescendo velocemente, specie se si parla di vino italiano, in crescita costante, dalle etichette toscane a quelle del Nord Italia, come l’Amarone della Valpolicella, con un occhio ai vini del Sud”, spiega Victor Osbaldo Treviño Rincon, della Value Wine S.A De C.V.
L’Australia può invece godere del fatto che sempre più cittadini vengono in vacanza in Italia “e quando tornano in Australia vogliono continuare a bere i vini straordinariamente diversi scoperti durante il proprio viaggio”, come spiega a Vinitaly 2015 Robert Damato, di Casa Italia Gourmet.
Negli Usa “la grande presenza della ristorazione italiana è il primo veicolo di promozione per il vino – spiega Ramin Dabiri, di Vitis Imports – e poi ci sono consapevolezza e dimestichezza con le tante diverse denominazioni, tanto che a fianco delle etichette più affermate stanno emergendo i vini di Sicilia, Puglia e Montepulciano d’Abruzzo per i rossi, e Alto Adige e Friuli per i bianchi. Dopo la crisi, però, si spende qualcosa in meno, e allora se la fascia 10-25 dollari va ancora forte, sopra i 40 dollari si fa più fatica”.
In Canada, ormai, “il vino italiano è diventato più importante di quello francese, grazie soprattutto grazie ai vini piemontesi, toscani e veneti – dice Jean Louis Fortier, di Defori Selections -, ma bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari”.
Il giro del mondo di Vinitaly 2015 torna in Europa e riparte dal Regno Unito, dove, dice Peter Ingram, di Vagabond Wines, “c’è ancora tanto da far conoscere, adesso vanno forte alcune regioni emergenti della Toscana, Montecucco, Maremma e Morellino, ma il mercato si sta muovendo anche su vini bianchi di carattere, come il Timorasso”.
In Germania “i vini italiani costituiscono una fetta importante del mercato – dice Nikola Birker, di Vino Donino – con un’offerta che arriva da ogni regione e praticamente su ogni fascia di prezzo sensibile”.
Vinitaly 2015 guarda anche ai Paesi del nord Europa come la Svezia, dove, sostiene Giovanni Brandimarti, della Ward Wines Sweden, “non dobbiamo guardare alla Francia, ma alla crescita della Spagna; senza timori, ma valorizzando ciò che abbiamo di buono”. In Danimarca, invece, vince l’abbinamento al cibo: “Il vino italiano va bene, il prezzo medio si aggira sui 5-8 euro, e i consumatori lo apprezzano molto perché si sposa benissimo con i nostri cibi”. Parola di Erik Sekkelund Andersen di Cavalcade Wines.
Olanda e Belgio offrono invece scenari contrastanti. Nei Paesi Bassi “il prezzo è sì una variabile importante – sostiene Enrico Hujbrechts, di Dewijniengel Wijnkoperij -, meglio che sia al di sotto dei 10 euro, ma attenzione, perché il vero valore aggiunto è la ricchezza varietale”. In Belgio il vino italiano soccombe ancora alla concorrenza di quello francese “ma il consumatore è molto preparato e sa riconoscere e premiare il giusto rapporto qualità/prezzo, su tutte le fasce di prezzo, e non importa da che regione arrivi un vino”, dice Karel Wilmots di Kwart Cgv.
Già, la Francia… E dai cugini, spocchiosi, come va il nostro vino? Vinitaly 2015 lo ha chiesto a Olivia Baldy di Millesima, che ha rivelato come l’Italia del vino è “salita alla ribalta dopo il boom dei prezzi di Bordeaux: il consumatore francese ha trovato nel vino italiano esattamente ciò che cercava. Ottimi vini al giusto prezzo”.