Lo abbiamo scritto ieri e altre volte: l’ edilizia italiana non sembra dare accettabili segni di risveglio dal coma in cui è piombata insieme all’economia del Paese. E abbiamo anche ricordato, sommariamente, quali sono le principale cause del profondo rosso, dal crollo del mercato immobiliare, alla tassazione sulla prima casa, alle grandi opere pubbliche inchiodate al palo.
Proprio da quest’ultimo punto vogliamo ripartire oggi: la stasi delle grandi opere che, per l’ edilizia italiana, significa anche stasi del settore. Una stasi che parte dai freddi numeri, evidenziati dal 9° Rapporto sull’attuazione della “legge obiettivo” (443/2001), realizzato dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l’Autorità nazionale anticorruzione e il Cresme: dei 285 miliardi di euro investiti in opere pubbliche, dal 2001 a oggi sono state concluse opere per 23 miliardi, pari a circa l’8% del totale.
Ancora più crudi i dati, per l’ edilizia italiana, se si prendono in considerazione solo le opere approvate dal Cipe: a fronte di un investimento pari a 149 miliardi, le opere concluse mettono insieme la miseria di 6,5 miliardi. Una cifra che deriva dal fatto che, delle 187 opere deliberate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, 40 risultano concluse al 31 dicembre 2014 (contro una previsione di 54) e 69 in fase di realizzazione. E le altre 78? Non pervenute.
Tradotto in costi, le opere completate o in corso di costruzione hanno un valore per l’ edilizia italiana che supera i 78,7 miliardi di euro (il 53% del valore complessivo delle opere esaminate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica al 31 dicembre 2014).
Sempre sul fronte costi, il Rapporto del Servizio Studi della Camera ha analizzato 97 opere deliberate dal Cipe, contenute nel programma a partire dal 2004; ebbene, stando alle analisi, il loro costo ha visto una crescita del 40,3%: dagli iniziali 65 miliardi e 227 milioni dell’aprile 2004 ai 91 miliardi e 516 milioni di fine 2014. Tutti aumenti da giustificare ma che, al momento, per l’ edilizia italiana si sono tradotti in un nulla di fatto.
In sostanza, l’ edilizia italiana è pesantemente schiava di ciò che invece, storicamente, ne ha sempre decretato lo sviluppo e il successo: le opere pubbliche immobili e l’altrettanto immobile mercato residenziale. In entrambi i casi, la politica ha pesanti responsabilità: che siano gli sprechi pubblici che portano alla mancanza di fondi e quindi al blocco delle opere, o la fiscalità sulla prima casa che uccide la voglia di acquisto, a farne le spese è sempre l’ edilizia italiana.