La scorsa settimana, a causa di un guasto, Facebook e Instagram sono rimasti fuori servizio per circa un’ora. Poca roba nel mondo reale, un’eternità in quello virtuale; tant’è che, secondo un’analisi condotta da Dynatrace, azienda specializzata nell’application performance management di nuova generazione, questo black out ha comportato un effetto a catena sui siti web di tutto il mondo.
Tramite la sua soluzione Outage Analyzer, Dynatrace ha monitorato quanto accaduto nella mattina di lunedì 28 gennaio identificando 29 diverse location dove operano i server Facebook interessate dal guasto. Il down non ha riguardato il data center cuore di Facebook, in Oregon, ma i contenuti distribuiti nei sub-data center negli Stati Uniti e in tutto il mondo, di proprietà di Facebook e non.
La conseguenza più critica del black out è che almeno 7.500 siti web che dipendono da una risposta JavaScript di un server Facebook si sono trovati con operazioni rallentate o del tutto bloccate a causa della mancata risposta di Facebook. Gli utenti del social network che accedevano a questi servizi non potevano avere alcun tipo di risposta o fare nulla nel corso dell’ora di black out.
Il rallentamento ha riguardato i siti che utilizzano il bottone “Mi piace” di Facebook e che hanno quindi delle interrelazioni con il social network, a conferma, fanno sapere da Dynatrace, della vulnerabilità delle aziende che si affidano a link di terze parti sulle proprie pagine online.
È quindi evidente che, nonostante un gruppo online abbia voluto rivendicare il down di Facebook, l’interruzione non è stata causata da un attacco informatico. Facebook stessa ha smentito questi sedicenti hacker, dichiarando che il problema non è stato causato da terze parti ma da un errore durante una modifica della configurazione.