Di Matteo Santini (Foro di Roma: http://www.studiolegalesantini.com)
Negli ultimi tempi si assiste ad un fervido dibattito tra gli operatori del settore in ordine all’opportunità di introdurre un codice etico o deontologico specifico per gli avvocati matrimonialisti intendendosi per tali gli avvocati che esercitano la loro attività in via prevalente nel settore del diritto della famiglia e dei minori.
L’esigenza è dettata in primis dalla peculiarità e dalla delicatezza delle questioni che riguardano i diritti dei minori, condizione questa che impone all’avvocato di porre in essere una serie di comportamenti e di cautele volte a salvaguardare l’equilibrio psico-fisico dei minori evitando, per quanto possibile, che questi siano sottoposti a traumi derivanti dalla conflittualità genitoriale.
Questo tipo di approccio impone all’avvocato l’acquisizione di una serie di conoscenze che non sono solo di natura giuridica ma che coinvolgono anche i campi della psicologia, delle pedagogia e della mediazione familiare.
Ciò non vuol dire che l’ avvocato matrimonialista debba sostituirsi allo psicologo; significa, invece, avere quelle competenze che lo portano ad individuare le criticità del caso specifico e a suggerire al proprio assistito di intraprendere tutti quei percorsi che possono apparire utili per superare gli aspetti più conflittuali della crisi familiare e per la salvaguardia dell’interesse del minore, valore quest’ultimo da considerarsi come preminente ed essenziale ed intorno al quale è costruita l’intera struttura del diritto di famiglia europeo.
Nella ricerca di un punto di equilibrio volto a salvaguardare i diritti delle parti coinvolte nel conflitto si realizza compiutamente quella che a giudizio dello scrivente è la funzione più nobile dell’avvocato ossia la funzione sociale.
L’Articolo 56 del nuovo Codice Deontologico Forense in tema di Ascolto del minore sancisce che: “L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi.
L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse.
L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.
La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno”.
L’articolo 56 introduce il tema essenziale dell’ascolto del minore da parte degli avvocati. Appare evidente quanto possa essere pericoloso e dannoso per l’equilibrio del minore un colloquio intrattenuto con l’avvocato di uno dei genitori parti del conflitto; le domande suggestive rivolte dal legale rischiano di diventare un tentativo per avvalorare la tesi difensiva del proprio assistito arrivando, nei casi più gravi, a suggerire al minore i contenuti di eventuali risposte che il minore dovrà fornire all’organo giudicante in sede di audizione. In questi casi invece di cercare di preservare la serenità del minore e di tenerlo, per quanto possibile, al di fuori dalle dinamiche conflittuali dei genitori lo si catapulta all’interno di una realtà spesso drammatica rendendolo vittima impotente dell’immaturità degli adulti o arbitro delle liti tra i propri genitori. Tali esecrabili comportamenti hanno dato luogo, nel corso degli ultimi anni, ad una serie di provvedimenti sanzionatori particolarmente severi da parte dei singoli consigli dell’ordine (provvedimenti poi confermati in sede di appello dinnanzi al Consiglio Nazionale Forense).
Diversamente, quando l’avvocato è nominato curatore speciale del minore (ex art.78 c.p.c.), e lo difende sede contenziosa (art.86 c.p.c.), o lo assiste in sede negoziale e contrattuale (art.320 c.c. u.c.) dovrà necessariamente procedere all’ascolto del minore, se non contrario all’interesse di quest’ultimo, non essendo in tali ipotesi necessario il consenso dell’esercente la responsabilità genitoriale che versi in conflitto di interessi (situazione la cui presenza dà luogo e giustifica il ricorso a quelle figure “esterne”).
In relazione alle modalità di ascolto del minore, soprattutto con riferimento all’eventuale presenza di un esperto, sarà lo stesso avvocato a decidere (specie in relazione all’età e alla capacità di discernimento) se procedere direttamente all’ascolto o se avvalersi dell’ausilio di un tecnico esperto in psicologia.
Il 3 comma dell’articolo 56 disciplina anche le ipotesi in cui, nell’ambito di un procedimento penale, il soggetto minore, imputato, parte offesa o testimone, debba essere ascoltato o assunto come informatore, anche mediante il rilascio di dichiarazioni scritte, dall’avvocato: quest’ultimo, in tali casi, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto e fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge ed in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.
A giudizio dello scrivente in capo ad un avvocato matrimonialista sussiste altresì un dovere etico di ridurre al minimo il contenzioso tra le parti. Ciò significa non solo evitare di aggravare la posizione della controparte attraverso azioni plurime o strumentali ma anche consigliare, ove possibile, al proprio assistito di ricorre a strumenti alternativi al giudizio contenzioso quali la mediazione familiare o il diritto collaborativo (tale principio è in parte anche divenuto “obbligo giuridico” nell’ambito della legge 162/2014 sulla c.d. “negoziazione assistita”).
Commetterebbe un illecito deontologico anche l’avvocato che accetti incarichi ove il proprio assistito sia mosso da chiari propositi di ritorsione nei confronti della controparte o che agisca penalmente senza avere acquisito ragionevoli elementi sulla responsabilità della controparte.
Accade, infatti, in taluni casi, che l’avvocato poco esperto rischi di divenire uno strumento nelle mani del cliente (c.d. braccio armato) perdendo così il connotato essenziale affinchè il legale possa esercitare serenamente ed in modo proficuo il proprio patrocinio ovvero l’indipendenza.
Possa trattarsi di mala fede o di semplice incompetenza del legale le conseguenze derivanti dall’intraprendere azioni di natura penale nei confronti della controparte sono spesso irrimediabili e precludono, specie nei casi in cui si presenta querela per reati per cui non ammessa la remissione di querela (abusi sessuali, maltrattamenti in famiglia) la possibilità di una composizione bonaria della questione.
Esistono poi una serie di obblighi specifici in capo all’ avvocato matrimonialista che si ricavano dalle norme codicistiche e che impongono agli avvocati, pur nel rispetto del loro ruolo di difensori delle parti, di non agire o non produrre atti finalizzati all’elusione di norme imperative o principi inderogabili. Ad esempio sarà passibile di sanzione disciplinare l’avvocato che assecondi le richieste del cliente di eludere le norme sull’affidamento condiviso dei minori o obbligazioni economiche in favore del coniuge più debole economicamente e/o dei figli (in tal caso le sanzioni sono anche di natura civile stabilendo espressamente l’articolo 155 bis del codice civile che se una domanda di affidamento esclusivo è palesemente infondata , il giudice può considerare il comportamento dell’istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli ferma restando l’eventuale applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile sulla responsabilità aggravata).
Alcuni comportamenti espongono l’avvocato a sanzioni non solo di tipo disciplinare ma anche di natura penale. In alcuni casi giunti all’attenzione dell’organo disciplinare forense il difensore aveva prodotto in giudizio corrispondenza riservata della controparte (sia essa postale, telematica o telefonica), illecitamente acquisita con ciò violando anche norme di natura penale.
Esiste infine il delicato tema del rapporto tra avvocato familiarista e consulente tecnico di parte e di ufficio. Tali questioni impongono la conoscenza non solo delle norme codicistiche in materia di CTU ma anche di tutte le prassi adottate nei vari tribunali per l’espletamento della consulenza di ufficio; prassi che sono spesso il frutto di protocolli di intesa tra il tribunale ed il consiglio dell’ordine degli avvocati.
L’esigenza di introdurre un codice deontologico per gli avvocati matrimonialisti è particolarmente sentita in virtù proprio della delicatezza dei temi trattati. E’ però evidente che l’introduzione di un codice deontologico potrebbe avvenire solo per mezzo di una legge dello Stato. Attualmente esistono delle linee guida dettate da associazioni di settore; principi che hanno efficacia vincolante solo per gli iscritti a tali associazioni ma che, allo stesso tempo, possono essere particolarmente utili in quanto rappresentano delle prassi virtuose dalle quali prendere spunto.
Ritengo però che, nella formazione di un “buon” avvocato matrimonialista gli elementi imprescindibili debbano sempre essere l’aggiornamento continuo, l’esperienza processuale e una particolare sensibilità in ordine alle problematiche che riguardano i soggetti deboli; sensibilità che non si impara sui libri o nelle accademie ma che è il frutto del nostro percorso di vita, degli insegnamenti e dell’educazione ricevuta nel corso di un vita intera.