Gli Emirati Arabi Uniti sono una opportunità per le aziende italiane, sia per quanto riguarda le attività commerciali, sia per la produzione delocalizzata. Alcuni dati: gli EAU sono composti da sette Emirati (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajman, Umm Al Qaiwain, Ras Al Khaimah e Fujairah), hanno una popolazione complessiva di circa nove milioni di abitanti e nel solo 2013 hanno importato dai tre principali paesi europei (Germania, Gran Bretagna e Italia) oltre 20 miliardi di euro di merci, raddoppiando in otto anni il volume di importazioni. Per l’Italia rappresentano l’ottavo Paese verso cui esportiamo, con un volume di circa 5 miliardi nel 2013. Il PIL cresce del 4%, ogni anno, negli ultimi 4 anni.
Oltre 200 fiere si tengono ogni anno tra Dubai, Abu Dhabi e Sharjah, per un totale complessivo di oltre 600 giornate fieristiche.
E’ evidente che, pur considerando la elevata capacità di spesa degli emiratini benestanti, buona parte delle merci importate non sono utilizzate dal mercato interno ma riesportate verso altri paesi; la sola Dubai è il terzo centro di riesportazione al mondo. E’ questa una delle particolarità del Paese, che funge da ponte tra l’Occidente e l’Oriente. Basti pensare che il porto di Dubai è il quarto porto commerciale al mondo per numero di navi in transito, e che il suo aeroporto nel 2012 ha registrato il passaggio di quasi 10 milioni di turisti, 66 milioni di passeggeri complessivi nel 2013.
E’ abbastanza evidente che le aziende italiane possono avere delle grandi opportunità commerciali; l’elevata qualità e il gusto italiani sono molto apprezzati, ma i prodotti devono essere competitivi anche per il prezzo. Insomma, nessun regala nulla: le aziende che vogliono approcciare questi mercati devono avere un alto standard qualitativo e prezzi concorrenziali, oltre ad un buon prodotto.
Ma oltre a questo, ci sono altre ragioni che potrebbero incentivare le aziende a prendere in considerazione questo mercato.
Ad esempio può essere interessante la costituzione di una società, considerato il vantaggio dell’esenzione fiscale e i costi (inferiori da quattro a otto volte) della manodopera.
Sono essenzialmente tre le tipologie societarie, con diverse forme costitutive:
Tipologia Commerciale, che consente al titolare di importare, esportare e vendere specifici beni o prodotti.
Tipologia Industriale, richiesta per l’installazione e l’esercizio di attività industriali limitatamente a specifici prodotti o processi manifatturieri.
Tipologia Professionale o servizi, per professionisti, fornitori di servizi o artigiani.
Per la forma societaria, si può costituire una Limited Liability Company, con un partner emiratino che deve essere socio minimo al 51%, la società riceve una licenza ad operare sul territorio.
Oppure si può aprire una filiale, che non necessita del socio locale e può essere interamente posseduta dalla casa madre; tuttavia deve essere nominato uno sponsor, persona fisica o azienda, di cittadinanza EAU.
E’ possibile anche ottenere una Licenza Professionale, in pratica una ditta individuale ma solo per le attività professionali. ed è obbligata a nominare una agente locale emiratino.
Anche un Ufficio di Rappresentanza è una soluzione, se si vuole limitare l’attività al marketing e alle pubbliche relazioni.
La caratteristica più allettante degli Emirati sono però le Zone Franche, vere e proprie “oasi” per le aziende.
La maggior parte delle zone ha un settore di specializzazione specifico: finanziario, internet, media, hi tech e così via. Alcune invece accettano aziende di diversa natura.
Ogni zona franca è gestita da un organismo ad hoc responsabile della registrazione delle aziende e la concessione della licenza per operare nella zona. Le regole e le procedure per ottenere le autorizzazioni variano in ogni zona. Le società consolidate all’interno di una zona franca sono considerate imprese straniere per la legge degli Emirati Arabi Uniti, e hanno bisogno di una societa’ locale per svolgere le attività di business nel Paese.
Caratteristiche generali sono che la proprietà può essere straniera al 100%, nessuna tassa sulla società per 15 anni (rinnovabile), la libertà di rimpatriare il patrimonio netto e gli utili, niente tasse sul reddito individuale, l’esenzione totale dai dazi doganali per l’importazione nella zona franca, non c’è nessuna restrizione di valuta.
Uno svantaggio invece è rappresentato dal fatto che, le società consolidate all’interno di una zona franca, sono considerate imprese straniere per la legge degli Emirati Arabi Uniti, quindi hanno bisogno di un agente / distributore locale per svolgere le attività di business in tutta l’area del Golfo.
L’assenza di imposte sul reddito sia delle persone fisiche che delle persone giuridiche, ha alcuni risvolti negativi: i costi sostenuti sono indeducibili per le imprese italiane se i fornitori sono residenti emiratini ed essendo territorio black list gli utili sono tassati integralmente in capo al percettore italiano. Come per ogni progetto imprenditoriale, non esistono soluzioni valide per tutti, ma ogni caso deve essere valutato attentamente ed approfondito a dovere, dal punto di vista commerciale, fiscale e legale.
In particolare le questioni legali sono abbastanza complicate, in quanto si applica generalmente un modello di Diritto Continentale, basato sui codici e non sui precedenti giurisprudenziali, lasciando l’interpretazione del diritto al giudice, che tende a proteggere gli interessi locali. Inoltre, il rappresentante legale, anche se l’’azienda è estera, deve essere di nazionalità emiratina e la lingua processuale è l’arabo.
Vale quindi la pena strutturare bene, dal punto di vista fiscale e legale, e sin dal principio, la presenza dell’azienda negli Emirati, per evitare controversie future dall’esito incerto.
dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis