Le Pmi sono il 99,9% delle imprese della penisola, creano l’80% dell’occupazione e per l’Ocse sarebbero la “spina dorsale dell’economia italiana”. Lo studio sulle Politiche per le Pmi e l’Imprenditorialità in Italia cita tra i fattori positivi lo Statuto delle Imprese del 2011, la norma Impresa in un giorno e i vari provvedimenti messi in campo dai governi dell’ultimo quinquennio per saldare i debiti della Pa. Ma non è tutto oro ciò che luccica…
Le imprese tra i 50 e i 249 addetti, le Pmi per definizione, nonostante abbiamo “un livello di produttivita’ elevato per gli standard internazionali” e il Paese in generale una “vocazione imprenditoriale”, devono ancora lottare contro le “significative barriere normative che frenano l’espansione per colpa di un sistema fiscale che impone a elevatissimi costi non legati alle retribuzione”.
Il governo italiano è quindi inevitabilmente chiamato, raccomanda l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ad “aumentare la creazione di nuove aziende, rafforzare le micro imprese, far emergere l’economia sommersa, ampliare il comparto della media impresa e aumentare il volume di imprenditorialità ad elevato impatto (ovvero, le cosiddette ‘gazzelle’, giovani aziende con tassi di crescita particolarmente elevati, che in Italia costituiscono appena lo 0,2% del comparto manifatturiero e lo 0,4% del settore dei servizi)”. Più che una raccomandazione, quasi un’agenda di governo da parte un’organizzazione internazionale di studi economici che negli anni ha assunto sempre più peso politico.
JM