Per quanto il premier Matteo Renzi ostenti ottimismo sulle possibilità di ripresa dell’Italia, le piccole e medie imprese sono ancora in grande sofferenza, come dimostra il dato sui fallimenti aziendali. Nel secondo trimestre 2014, i fallimenti aziendali sono stati 4.241, in aumento del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2013. È quanto emerge dai dati del Cerved, società quotata specializzata nell’analisi del rischio di credito, analizzati dall’Ansa.
Nell’intero primo semestre 2014 i fallimenti aziendali hanno raggiunto quota 8.120 (+10,5%); si tratta del record assoluto dall’inizio della serie storica, risalente al 2001. L’analisi condotta dal Cerved mostra come i fallimenti aziendali riguardano tutta Italia: i tassi di crescita sono dappertutto in doppia cifra ad eccezione del Nord Est, dove l’incremento è del 5,5%.
In aumento del 14% rispetto al primo semestre 2013 sono invece i fallimenti aziendali al Sud e nelle Isole; il Nord Ovest fa registrare un +10,7%, il Centro un +10,4%. A causa dei recenti correttivi legislativi sono letteralmente collassate le domande di concordato in bianco (-52%) e diminuiti i concordati comprensivi di piano (-12,3%). Giù anche le liquidazioni che, con un -10,3% tra gennaio e giugno, segnano un’inversione di tendenza a livello semestrale dopo un lungo periodo di incremento.
Queste analisi sui fallimenti aziendali hanno suscitato diversi commenti. Secondo Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved, “stiamo vivendo una fase molto delicata per il sistema delle Pmi italiane: la nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e che stanno pagando il conto sia al credit crunch sia a una domanda da troppo tempo stagnante“.
Sui fallimenti aziendali è ancora più dura ancora Confcommercio: “Il dato sui fallimenti aziendali conferma che la crisi continua a dispiegare i suoi effetti, costringendo molte imprese, che finora hanno resistito, a chiudere“. Secondo l’associazione delle imprese, “per il perdurare della stagnazione dei consumi, per una pressione fiscale che non accenna a diminuire, per l’impossibilità di far fronte ai fabbisogni finanziari, come della scarsa offerta del credito, e per il calo di fiducia, le imprese fronteggiano un quadro economico di crisi strutturale“.
Quale la soluzione per Confcommercio? “Le riforme economiche devono, pertanto, essere al centro dell’agenda di Governo perché se non si attua quella poderosa operazione di sottrazione, meno tasse e meno spesa pubblica, il Paese è destinato a rimare ancora fermo al palo“. Aspetta e spera…