L’allarme era stato dato da Coldiretti e da altre associazioni che si occupano di proteggere i diritti dei consumatori e di salvaguardare il Made in Italy.
Ora anche Confindustria ha voluto affrontare la questione, dopo l’ennesima scoperta di prodotti contraffatti che stanno facendo il giro del mondo, e che di italiano non hanno proprio nulla.
Qualche esempio? Il “Parmesan” spagnolo, il “San Daniele Ham” prodotto in Canada, il Chianti californiano e i pomodori San Marzano statunitensi.
Insomma, si tratta di una marea che sta diventando sempre più imponente, e che rischia di travolgerci, mettendo a rischio la qualità, la tradizione e la fama che da sempre ha il Made in Italy.
La nuova tendenza si chiama italian sounding e non si propone come contraffazione vera e propria, ma come un “utilizzo illecito della forza evocativa dell’italianità”, che di fatto rappresenta una forza sul mercato, che frutta, solo nei Paesi Ue, ben 21 miliardi di euro, contro i 13 dei prodotti originali.
Ma cosa viene “copiato” di più? Prima di tutto, tessile ed abbigliamento (25,5 milioni), poi 16,5 milioni di giocattoli, 8,7 milioni prodotti di elettronica, informatica ed audiovideo, 6,3 milioni di farmaci
A rendere noti questi dati è stata Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa, Lisa Ferrarini, intervenuta in audizione alla commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione.
Queste le sue parole: “L’italian sounding va combattuto con strategie di marketing e valorizzazione del prodotto italiano, attraverso la difesa dei marchi e delle denominazioni d’origine”.
Occorre, perciò, “sensibilizzare i consumatori esteri sul prodotto realmente italiano, va attuata con estrema determinazione. L’appello di Confindustria a questa Commissione è che segnali anch’essa al governo la priorità e l’urgenza di identificare durante il semestre italiano di presidenza della Ue una soluzione di compromesso che permetta finalmente l’approvazione definitiva della norma del made in Italy”.
Vera MORETTI