“Le statistiche dicono che 99% delle startup fallisce entro il primo anno, il segreto del successo sta nel come quest’idea viene realizzata”. Ne è convinto Danilo Campisi, Head of Online Marketing in AirHelp, che oggi abbiamo incontrato per conoscere meglio la startup della quale si occupa.
Di cosa si occupa la vostra associazione nel dettaglio?
AirHelp aiuta milioni di passeggeri in tutto il mondo ad ottenere rimborso da parte delle compagnie aeree in caso di volo in ritardo, cancellato o in overbooking. Questo mediante un processo di gestione del reclamo da parte del nostro team di specialisti o avvocati quando si ritene necessario citare una compagnia aerea in giudizio.
In base alla legge europea 261/2004, infatti, ogni passeggero eleggibile di rimborso ha diritto da €250 a €600 in base alla distanza del volo. Questa legge nasce dal bisogno di definire regole chiare su cosa rendesse i passeggeri eleggibili di rimborso. Le vecchie regole lasciavano troppo spazio all’interpretazione e questo veniva usato dalle compagnie aeree a svantaggio dei passeggeri eleggibili.
Alcuni dati sul mercato che questa legge ha creato: 26 milioni di passeggeri sono eleggibili per ottenere rimborso ogni anno (1.8 milioni di passeggeri solo in Italia ogni anno). In totale, si parla di €11 miliardi di rimborso aereo (€840 milioni in Italia) e il 70% dei reclami che otteniamo sono dovuti a ritardo.
Infine bisogna ricordare che i reclami seguono il passeggero. Questo significa che puoi ottenere rimborso anche se eri in un viaggio di lavoro pagato dall’azienda. Ultimo, ma non per importanza, valgono i reclami per voli effettuati che sono atterrati in ritardo/cancellati/overbooking fino a 3 anni fa!
Da dove nasce l’idea?
I passeggeri possono inviare un reclamo direttamente alla compagnia aerea, ma questo mezzo significa compilare tonnellate di moduli, e passare un sacco di tempo a cercare la regola da applicare ogni volta si riceve una risposta dalla compagnia aerea.
Questa è la ragione per la quale abbiamo fondato AirHelp, con la consapevolezza che questo processo potesse essere reso meno burocratico e ottimizzato. Se vuoi ad esempio che AirHelp gestisca il tuo reclamo, basta andare sul nostro sito o scaricare la nostra applicazione per Apple o Android, e inviarci le informazioni sul volo. Noi poi ci prendiamo cura di tutto il resto chiedendo solo il 25% del rimborso ottenuto, se riusciamo a farlo ottenere al cliente, altrimenti non chiediamo nulla (no win, no fee).
Perché un giovane italiano dovrebbe avventurarsi nel progetto di una startup?
Sono varie le ragioni che spingono moltissimi giovani italiani ad avventurarsi nel progetto di una startup. Potrei citare l’elevata disoccupazione giovanile ma penso sia più appropriato parlare del cambiamento culturale iniziato negli anni novanta e che si sta sviluppando oggi in maniera esponenziale. Inseguiamo il mito di Steve Jobs che ha lanciato Apple nel suo garage o di Mark Zuckerberg che ha creato Facebook dal suo dormitorio ad Harvard. Un tempo se volevi essere preso in considerazione vestivi giacca e cravatta, oggi se non vesti felpa e T-shirt sembri antiquato e probabilmente poco creativo. Questo desiderio di rivoluzionare il mondo viene spesso supportato dallo sviluppo tecnologico. Oggi puoi creare un’app anche senza aver studiato appropriati linguaggi di programmazione. Lo stesso vale per i siti web. E questo basta per fare la startup, essendo un concetto dal significato molto ampio. Ma spesso non si fanno i conti con la realtà e questo mi porta a rispondere alla domanda successiva.
Quali sono le maggiori difficoltà che può incontrare una startup durante l’inizio del proprio cammino?
Molti giovani credono che basti trovare la giusta idea per avere successo, diventare milionari e cambiare il mondo. Niente di più falso. Io dico sempre che un’idea conta lo zero virgola qualcosa per cento. Il segreto del successo sta nel come quest’idea viene realizzata. E questo introduce gli ingredienti della special sauce: esperienza del team, condizioni socio-economiche favorevoli, ampia base clienti, prodotto vincente e presenza di capitali. Direi che si tratta di fattori interconnessi, visto che difficilmente si riusciranno ad ottenere finanziamenti quando il team non sa esattamente cosa farci o non riesce a dimostrare che sa produrre ad €1 e vendere a €2. Le statistiche dicono che 99% delle startup fallisce entro il primo anno. Se pensiamo che spesso seguire una startup richiede molto più tempo di quanto si impiegherebbe in un normale impiego, si capisce come mai questo mito andrebbe ridimensionato.
Jacopo MARCHESANO