Quella sui cosiddetti debiti della Pa, ossia i soldi che gli enti che fanno parte della Pubblica amministrazione devono alle imprese per lavori fatti e mai pagati, è una partita sulla quale si gioca buona parte della credibilità del nostro Paese e dei governi che, negli ultimi anni, si sono trovati a guidarlo.
Complice la peggiore crisi economica dal Dopoguerra a oggi, quello che per decenni è stato uno scandalo sottaciuto e tollerato, è esploso in tutta la sua forza, anche grazie – purtroppo – ai numerosi suicidi di imprenditori che con lo Stato si sono trovati esposti per milioni, hanno visto la propria azienda chiudere e non hanno retto al peso del fallimento.
Dopo una sostanziale indifferenza dell’ultimo governo Berlusconi, il tema è stato affrontato dai governi Monti, Letta e, attualmente, Renzi, sempre con un atteggiamento che privilegia il proclama anziché la sostanza, tanto che ancora non c’è chiarezza sul totale dei debiti effettivamente rimborsati a oggi né, cosa più grave, su quanto debba la Pubblica amministrazione alle imprese. Un valzer di cifre che va da 70 a 120 miliardi, come se fossero bruscolini. Un monstrum che, a buon diritto, pone l’Italia nel terzo mondo d’Europa.
È notizia di questi giorni che lo Stato metterà a disposizione 1,8 miliardi per “il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31/12/2012” e che ad oggi sono state già assegnate a comuni, province e comunità montane risorse finanziarie per 3,2 miliardi. Una goccia nel mare. Le aziende interessate devono presentare le domande di anticipazione alla Cdp, complete in ogni elemento e redatte secondo lo schema allegato all’Atto aggiuntivo all’Addendum, entro il 3 giugno 2014.
Tutto molto bello, ma ci pensa la Cgia di Mestre a far tornare le cose alla loro dimensione normale, specialmente per quanto riguarda i tempi dei pagamenti. Secondo l’associazione, nonostante gli sforzi e l’impegno di pagare una buona parte dei sui debiti, nel 2013 la Pubblica amministrazione ha pagato i suoi fornitori mediamente dopo 170 giorni: 10 giorni in meno rispetto al 2012.
Sebbene quella italiana sia una delle Pa che ha realizzato lo sforzo maggiore, in questa graduatoria continuiamo a essere i peggiori pagatori d’Europa, peggio persino della Grecia, che salda i suoi debiti in tempi più brevi dei nostri (159 giorni). La media Ue, invece, si attesta sui 61 giorni, contro i 60 della Francia, i 41 del Regno Unito e i 36 della Germania. Un altro pianeta.
La Cgia ha stilato questa graduatoria su dati Intrum Justitia, dopo aver appreso dal Vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, che all’indomani delle elezioni europee scatterà la procedura di infrazione contro il nostro Paese a seguito dei forti ritardi nei pagamenti.
A questo la Cgia aggiunge il preoccupante numero di fallimenti registrati negli ultimi 5 anni di crisi: dal 2009 al 2013 sono stati 59.570, di cui 14.269 solo nel 2013, Tra il 2009 e il 2013, l’incremento ha superato il 52%.
Secondo il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, “oltre agli effetti della crisi economica a dare un contributo all’impennata dei fallimenti hanno sicuramente contribuito il ritardo dei pagamenti da parte della Pa, l’incremento del livello di tassazione avvenuto in questi anni e la contrazione nell’erogazione del credito praticata dalle banche. Si pensi che nel 2013 la pressione fiscale si è stabilizzata al 43,8%, mentre le banche hanno tagliato ben 53 miliardi di prestiti alle imprese”.