Si conclude oggi la diciassettesima edizione del Cibus, il salone internazionale (biennale) dell’alimentazione. Molto più di una fiera, dato che all’esposizione classica (2700 le aziende presenti, 600 in più rispetto al 2010) si accoppiano eventi culinari fra i più svariati e numerosi convegni a tema; fra i temi caldi l’internazionalizzazione, la lotta agli sprechi e alla contraffazione alimentare, l’innovazione e la sostenibilità con grande attenzione all’export.
Secondo le stime rese note in questi giorni, le esportazioni alimentari italiani possono aumentare dagli attuali 26 miliardi a 70 miliardi di euro nello spazio di circa 10 anni e per ingrandire il giro d’affari le strategie sono diverse, come ha dichiarato Antonio Cellie, Ceo di Fiere di Parma, intervenendo al convegno sulla promozione del made in Italy organizzato da Gruppo Food e Fiere di Parma: “Noi di Cibus abbiamo pensato che la cosa migliore fosse portare le imprese italiane ad incontrare i buyer della distribuzione estera direttamente dentro i loro punti vendita. E di questo rapporto diretto hanno beneficiato sia le imprese sia Cibus”. Oltre alla grande apertura registratasi nei mercati europei ed americani è indubbio che la domanda di food made in Italy sia prepotente anche dall’Asia, e quindi dal Giappone, dove il prodotto italiano è già molto conosciuto, ma anche dalla Cina e da tutti i Paesi del Sud Est Asiatico. “Co-organizzeremo la grande fiera alimentare di Pechino in novembre – ha dichiarato per concludere Cellie – portando almeno 300 imprese italiane ad esporre, grazie alla partnership con Anuga/Fiera di Colonia e Federalimentare, replicando quindi la partecipazione di successo alla fiera alimentare di Bangkok lo scorso anno. E questo modello andremo a seguire edampliare nei prossimi mesi, cioè sostenere i nostri clienti all’interno delle fiere più consolidate nei mercati obiettivo non dispendendo risorse in costose start up o rischiose acquisizioni”.
Un’altra opportunità per presentare ed evidentemente vendere il cibo italiano all’estero, ma non solo, è dato dal web e dal commercio elettronico. Per esempio in Giappone opera “Shop Italia Mia” per acquistare i prodotti italiani, mentre l’applicazione “Be my eye” consente a qualsiasi consumatore di diventare un “occhio” per le aziende che vogliano verificare in Italia e all’estero il posizionamento sui punti vendita del proprio prodotto o le caratteristiche delle proprie categorie.