In questa nostra settimana dedicata all’approfondimento dei dati resi noti dal Mef riguardo alle nuove partite Iva aperte nel mese di febbraio, non potevano non chiamare in causa Mauro Bussoni, segretario generale della Confesercenti, per una breve rilettura dei freddi numeri comunicati dal ministero. Fondata nel febbraio del 1971, in più di 40 anni di attività, la Confesercenti è cresciuta rapidamente: oggi aderiscono alla Confederazione più di 70 associazioni dei settori del commercio, turismo, servizi, artigianato, industria e di altre aree di interesse sociale ed economico.
Nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha reso noti i dati relativi alle nuove partite Iva aperte nel mese di febbraio (circa 51.000), come leggere questo dato?
La rilevazione del Mef di febbraio conferma, in qualche modo, la crisi delle partite Iva: continuano infatti i cali tendenziali di nuove aperture, un fenomeno iniziato nella seconda metà del 2012 e non ancora terminato. D’altra parte, però, va sottolineato che a febbraio 2013 era andata decisamente peggio: le nuove partite iva erano diminuite del 9% sull’anno precedente, un vero e proprio tracollo. Rimane da appurare se la modesta variazione negativa registrata a febbraio di quest’anno sia interpretabile come un segnale di ripresa. In generale, infatti, l’apertura di nuove partite Iva è un indice di dinamismo dell’economia, ma potrebbe essere dovuto anche al tentativo di autoimpiego di persone uscite dal mondo del lavoro dipendente.
Sempre più giovani prediligono proprio l’autoimpiego: scelta o necessità?
Probabilmente entrambe le cose: la crisi dell’occupazione dipendente ha senz’altro spinto sempre più giovani e donne, le classi più colpite dalla disoccupazione, a tentare la via dell’imprenditoria. In alcuni settori più di altri: secondo le nostre rilevazioni, nel 2013 la percentuale di nuove imprese dei servizi avviate da under35 ha superato il 50%. Ci sono sempre, però, persone – anche giovani – che scelgono di diventare imprenditori perché hanno un’idea imprenditoriale forte o perché sono spinti dalla passione e dalla voglia di mettersi in gioco. Per entrambi, però, è un momento difficile. Mettersi in proprio è una scelta che offre molte opportunità, ma anche molte delusioni: è teoricamente molto facile avviare una nuova attività, ma è praticamente difficilissimo mantenerla in vita nel mercato attuale, segnato da una profonda crisi della domanda interna.
La Confesercenti rappresenta più di 350mila PMI del commercio, del turismo, dei servizi, dell’artigianato e dell’industria, capaci di dare occupazione ad oltre 1.000.000 di persone: quali provvedimenti d’urgenza di carattere generale sarebbero necessari per risollevare il paese dal pantano della crisi economica?
Bisogna abbassare il prima possibile il peso del fisco sull’economia reale: con i livelli attuali, per le imprese italiane è difficile rimanere competitive e quindi poter creare crescita ed occupazione. Il nuovo esecutivo si è mosso in questa direzione, utilizzando la leva fiscale per dare sollievo ai redditi più bassi. Rimane la grave esclusione degli autonomi nella stessa fascia, che riteniamo inaccettabile e che chiediamo sia subito corretta, così come chiediamo di alzare immediatamente la franchigia Irap, per esentare dall’imposta i più piccoli. Occorre poi un rapido intervento di semplificazione burocratica (soprattutto sulla partita lavoro) e sul credito: sono due anni che i finanziamenti alle imprese si contraggono, in particolar modo per le PMI. Così è difficile rimanere sul mercato, figuriamoci crescere.
Intanto proseguono le trattative sul decreto lavoro…
Il nostro giudizio sul Jobs Act, per ora, è positivo: nel provvedimento sono contenute molte delle istanze che da tempo abbiamo rivendicato per superare quelle rigidità del mercato del lavoro che rappresentano solo un freno all’occupazione. Il nostro auspicio è che il dl lavoro, nel corso dell’iter di discussione, non venga modificato nell’impianto. Se così fosse sarebbe un ottimo strumento per lottare alla disoccupazione. Non dobbiamo dimenticare, però, che il decreto è per l’appunto solo uno strumento di facilitazione: la via principale per diminuire la disoccupazione è la crescita, senza cui le imprese non potranno riprendere ad assumere. Anche perché rimane un costo del lavoro eccessivo: occorre abbassare gli oneri, per imprese e dipendenti.
Jacopo MARCHESANO