Il Made in Italy messo a rischio dalla contraffazione

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Uno studio della Coldiretti sull’esportazione dei cibi Made in Italy ha fatto emergere una quantità di prodotti che vengono spacciati per veri mentre in realtà sono fasulli.

La ricerca, presentata a Fieragricola, denuncia quella che è stata definita agropirateria internazionale, che colpisce i prodotti che più di altri rappresentano l’essenza stessa dell’italianità alimentare e che reca notevoli danni economici e di immagine alla nostra agricoltura.

Tra i più copiati, e di conseguenza danneggiati, è il Parmigiano Reggiano, il cui nome cambia a seconda dei Paesi in cui è venduto e del quale esiste anche un kit per produrlo da soli.
Ma anche i vini italiani sono al centro di questa truffa, a cominciare dal prestigioso Valpolicella, ma la lista è lunga, e ha raggiunto tutti i Paesi del mondo dove il Made in Italy è particolarmente diffuso e amato, andando anche oltreoceano in Canada, Stati Uniti, Argentina e Brasile.

Tra le vittime c’è anche la pasta: diffidare dei maccaroni mit tomatensauce o degli gnocchi rucola-parmesan prodotti in Germania, ma anche della palenta realizzata in Croazia e accompagnata dal sugo fatto con San Marzano pomidori pelati coltivati negli States.
Anche l’olio e il vino rientrano nei prodotti italiani fortemente imitati all’estero dove si possono trovare il pompeian oil del Maryland (Stati Uniti) così come il falso Chianti americano, ma anche il kressecco o il meer-secco tedeschi che imitano l’inarrivabile Prosecco e persino il Barbera rumeno che, tuttavia non è rosso, ma incredibilmente bianco.

Ad approfittare di questa opportunità sono aziende estere che, spacciando per veri prodotti irrimediabilmente falsi, si impongono sul mercato grazie alla grande notorietà del Made in Italy, anche se, ahimè, con essi non hanno nulla a che fare.

Vera MORETTI