Di Natale: “Investire sull’estero, non abbiamo alternative”

 

In questa nostra settimana dedicata alla comparto tessile abbiamo incontrato oggi Gianfranco Di Natale, direttore generale di Smi, l’associazione più rappresentativa della filiera del tessile-moda, che ci ha confermato i dati che vi avevamo proposto ieri sull’arretramento, ormai cronico, della domanda interna e il perdurare, per fortuna, di una domanda internazionale che l’anno scorso ha contribuito positivamente alle performance della moda maschile nostrana.

Dott. Di Natale, come da tradizione a inizio gennaio si sono tenuti i saloni fiorentini del Pitti e le sfilate milanesi di Moda Uomo. Qual è, nel dettaglio, lo stato di salute della manifattura tessile italiana?
Sono ormai  cinque anni che il nostro settore sta pagando una crisi economica senza precedenti, ma essendo la nostra una filiera abbastanza “allungata” e particolareggiata, si è verificato una sorta di check and balance tra i diversi settori e questo alla fine ha permesso di essere tra i comparti che hanno sofferto meno a livello statistico. Questo non significa che il nostro settore, che già  arrivava dalle ristrutturazioni del 2000 e del 2003, non abbia risentito del contesto economico mondiale. Per fortuna anche quest’anno i soloni hanno confermato un interesse notevole soprattutto da parte internazionale…

Nel 2013 a salvare il settore è stato, come da tradizione, un export da record, quando la domanda interna sarà in grado di pareggiare i livelli di quella internazionale?
Credo sia impossibile stabilirlo, la domanda interna ripartirà solo se un serie di fattori ritroveranno l’equilibrio all’interno del sistema Italia. Con una disoccupazione come la nostra, vedo con estrema difficoltà un recupero sul mercato interno. Oggi il nostro settore rappresenta circa 49000 aziende, tenendo presente che agli albori della crisi le aziende erano sui 57000 e nel 2006 erano 60000, gli addetti sono passati da circa 540000 a 400000, sono numeri che parlano da sé.

Focalizzando l’attenzione sui vari distretti e sulle specificità produttive, quali indicazioni possiamo trarre? 
Una delle primissime indicazione che possiamo trarre è che il tessile d’alta qualità, ovunque venga prodotto, continua a rendere. La seta è stata forse la parte produttiva della filiera che ha sofferto meno della crisi economica e il distretto comasco per esempio si trova in una situazione migliore rispetto ad altri. Indipendentemente da ciò che producano, l’azienda che oggi riesce ad essere vincente è quella che  ha saputo diversificarsi e investire sui mercati esteri.

Jacopo MARCHESANO