di Davide PASSONI
A un anno dal nostro incontro con Aruba a Smau 2012, siamo tornati a fare quattro chiacchiere con Stefano Sordi, direttore marketing del gruppo ICT italiano, per fare il punto sullo stato dell’arte nel rapporto tra cloud e Pmi.
È cambiata in questo anno la strategia di Aruba sul cloud?
La strategia non è cambiata, si è evoluta in continuità con quanto fatto un anno fa. Abbiamo ottenuto risultati positivi, per cui vale la pena proseguire sul sentiero tracciato; ossia continuare a sviluppare il prodotto, allargare il network del data center e spiegare agli utilizzatori della tecnologia cloud quali sono i suoi reali benefici.
In che modo?
Diffondendo il know how. Avevamo cominciato andando in tv a dire che il cloud è conveniente, flessibile, potente, mentre ora siamo saliti a un livello di dettaglio superiore spiegandone i benefici.
La cultura del cloud si sta sviluppando in Italia?
Siamo ancora in un mercato in via di sviluppo, che però cresce molto, bene e con trend di vario tipo ma tutti molto veloci. Crescono acquisizioni, utenti, quantità di traffico e, soprattutto, perimetro degli utenti interessati.
Parliamo di Pmi?
Se un anno fa dicevamo che le Pmi arrancavano nel mondo del cloud mentre la grande impresa era avanti, in questo anno sono successe due cose: primo, il numero di Pmi che si sono avvicinate al cloud è aumentato in modo sostanziale; secondo, la tipologia di imprese che si rivolgono a noi si è allargata. Non ci sono solo operatori Ict, che hanno un core business informatico, ma aziende con altri core business, con al loro interno un dipartimento IT che inizia a usare il cloud.
Che cosa significa questo?
Significa che il cloud non è solo per addetti ai lavori ma sta diventando una tecnologia fruibile per gli altri settori merceologici. Significa che abbiamo fatto una buona comunicazione e che abbiamo un prodotto di facile utilizzo.
Si sceglie cloud anche per spendere meno, in un periodo di crisi?
In un momento particolare come questo, il cloud non permette di spendere meno ma di spendere meglio, pagando solo l’effettivo uso del servizio. Se una Pmi oggi compra un server dedicato perché ha un obiettivo di utilizzo e questo viene poi disatteso, l’impresa si trova ad aver pagato tutti i costi avendo in casa una macchina che pian piano diventerà sempre più vecchia e dovrà essere aggiornata. Comprare il cloud risponde sempre alla stessa esigenza, ma aiuta anche sull’aspetto economico.
Dove vuole arrivare Aruba?
Abbiamo ambizioni grandi, siamo leader di settore nell’hosting, nel mondo dei domini e in quello della Pec serviamo oltre il 50% del mercato. Sono risultati importanti, che fanno di Aruba una società molto ambiziosa. Sul cloud abbiamo investito tantissimo in innovazione e tecnologia e continuiamo a farlo senza retropensieri perché crediamo fortemente in questo prodotto, così come non crediamo che soppianterà i servizi tradizionali come le architetture fisiche o l’hosting, ma completerà il mondo dell’IT.
Estero?
Sì, tanto che lavoriamo molto sulla Francia da ormai un anno circa.
Siete una bella realtà italiana che funziona. Quindi è possibile fare impresa in Italia?
Io direi di sì. Ci sono difficoltà che ben conosciamo, ma nell’ambito dell’ICT e delle nuove tecnologie c’è molto spazio per innovare e svilupparsi. Alla fin fine, i nostri prodotti e servizi sono il volano della crescita per le Pmi italiane, lo spazio ideale su cui costruire un modello di business, un’idea, un prodotto che fanno sì che, come Aruba, crediamo molto in questa tecnologia.