Le scarpe gioiello della collezione primavera-estate 2014 parlano italiano.
Il Made in Italy, infatti, ha trionfato al MiCam, tra un tripudio di paillettes, piume, tacchi vertiginosi ma, soprattutto, pietre preziose.
Ad accompagnare quelli che, dunque, possono a ragione definirsi gioielli, ci sono materiali di grande pregio, realizzati con colori shock in grado di far risaltare ancora di più la preziosità dei dettagli.
Cristalli e perle, dunque, si poggiano su tessuti iridescenti, dalle tonalità calde del rosso e dell’arancio fino a quelli freddi, ma ugualmente preziosi, del verde, del viole e del turchese.
Neanche le suole vengono risparmiate da questo tripudio, e anzi, sono rifinite da perlature e cangianze, e colorate da colori pastello rosa, lilla, carota e verde mela.
Tutto ciò è stato pensato per affrontare ed esorcizzare la crisi, che ancora tiene banco, come ha confermato Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici.
La situazione attuale è quella che ormai si ripete da diverso tempo: mentre i mercati esteri, in particolare extra europei, si manifestano vivaci, quello interno è ancora in stallo e bisognoso di una forte scossa.
Afferma Sagripanti: “Ormai da alcune stagioni i consumi interni, che risentono dell’andamento dell’intera economia nazionale, sono in caduta libera. Secondo il FashionConsumer Panel di Sita Ricerca, dopo il decremento del 4,5% in valore a consuntivo dello scorso anno, la prima metà del 2013 si è chiusa con un ulteriore crollo degli acquisti delle famiglie pari al 6,1% in spesa e al 4% in quantità. Tra aprile e giugno la flessione è stata del 5,3%, ancora consistente sebbene meno significativa del –7,2% del primo trimestre dell’anno. Appare quindi evidente, per Sagripanti, che l’internazionalizzazione è per le imprese calzaturiere, che esportano già l’83% della loro produzione, “non più una strategia, ma una necessità”.
L’export, nei primi cinque mesi del 2013, è aumentato sia in valore (+4,9%) che in volume (+1,4%) e nonostante un incremento contenuto ha raggiunto un nuovo record in valore. Il prezzo medio, seppure ancora in aumento (+3,5%), presenta ritmi di crescita più modesti rispetto al 2012, segno che le imprese hanno comunque fatto i conti con listini che solo parzialmente si sono adeguati all’incremento del prezzo delle materie prime.
Tra gennaio e maggio sono stati esportati 98,2 milioni di paia (1,3 milioni in più rispetto all’analogo periodo del 2012) per un valore di circa 3,3 miliardi di euro, ma, mentre tutte le aree hanno mostrato incrementi significativi, l’Unione Europea è rimasta pressoché stabile in valore (-0,3%) e con un decremento in volume (-1,2%).
La situazione è molto differente sui mercati extra-Ue, dove le performance sono superiori alla media sia in valore (+11,2%) sia in quantità (+7,3%).
Bene sono andate le sportazioni verso Stati Uniti e Canada (rispettivamente +5,4% e +15,2%, in valore) e, soprattutto, l’espansione in Russia e Kazakistan (+16,4% e +10,8%), anche se la vera crescita si è registrata nel Far East (+15,5% globalmente): non solo i tassi di crescita rimangono significativi (Cina +31%, Sud Corea +14%, Giappone +8,2% solo per citare alcuni casi), ma anche in termini di importanza relativa questi Paesi cominciano ad assumere un ruolo decisivo per la strategia di internazionalizzazione delle imprese italiane.
Continua Sagripanti: “I successi ottenuti sui mercati internazionali ci spingono a sollecitare le Istituzioni italiane ed europee a creare contesti di competizione sempre più equi. Il mercato Ue oggi è accessibile a tutti ma noi scontiamo ancora mercati nei quali paghiamo dazi importanti, come Mercosur e Vietnam, oppure abbiamo un sistema di quote e contingenti sulle calzature in pelle come in Giappone. E non dobbiamo dimenticare il problema dell’etichettatura di origine dei prodotti in Europa, sul quale si sta giocando una lotta tutta politica tra diverse visioni europeiste”.
Per le aziende italiane, secondo Sagripanti, occorre un serio programma di interventi per evitare la desertificazione dei centri storici, “arricchiti dalla presenza di punti vendita che storicamente rappresentano la ricchezza distributiva del nostro Paese”.
Per poter attivare questo processo, occorre abbassare il costo del lavoro, mossa che potrebbe “rendere le aziende più competitive e aumentare il potere d’acquisto delle famiglie” ma anche risolvere il problema dell’accesso al credito.
“Come associazione stiamo cercando, insieme alle banche, di studiare misure per garantire le aziende nei confronti dei negozianti perché la difficoltà di questi ultimi a pagare è uno dei problemi più gravi e più urgenti da risolvere”.
Vera MORETTI