Le opere pubbliche per far ripartire gradualmente l’economia. Se ne parla dall’inizio della crisi, evidentemente senza risultati concreti, anche perché qualche risorsa da spendere ancora ci sarebbe: 37 miliardi e mezzo di euro, già messi a disposizione e mai utilizzati (30 dai fondi Cipe, 5 chiusi nelle casse degli enti locali e lì fatti prigionieri dal Patto di stabilità interno, 2 miliardi e mezzo stanziati dal decreto del Fare).
Se la ripresa è dietro l’angolo, come ha sussurrato a denti stretti e con le scaramanzie di rito il ministro Saccomanni, questo è il momento di rimetterli in pista: ma le opere pubbliche, va detto, non hanno tutte lo stesso impatto sull’occupazione. Quelle “piccole” creano più posti, e ancor meglio fanno quelle che puntano a riqualificare il patrimonio esistente. Lo ha scoperto una ricerca elaborata dal Centro studi Cna e dal Cresme che ha stilato una vera e propria classifica delle tipologie d’intervento.
Ecco la “top five” delle opere pubbliche in procinto di essere sbloccate: ricostruzione in Abruzzo (11 miliardi, oltre 100 posti di lavoro), ricostruzione in Emilia Romagna (9 miliardi, olte 82 mila posti di lavoro), riqualificazione dell’edilizia scolastica (2 miliardi, 18 mila posti di lavoro), nuovo Piano città (5 miliardi, 45 mila nuovi occupati), riqualificazione del territorio (4 miliardi, 36 mila posti). Cinque interventi d’urto in grado di generare in tempi brevi 280 mila posti di lavoro nell’edilizia e nell’indotto. Non rimane altro che sperare…