Vi siete mai chiesti da dove arrivano tutti i finanziamenti a fondo perso di cui sentiamo tanto parlare da qualche anno a questa parte? Il governo infatti preferisce, e lo ha sempre fatto, non parlare dei sussidi alle energie rinnovabili, di quali siano i reali costi e su chi effettivamente ricadano tali costi. Tutto tace dunque.
Eppure quanti di voi sanno realmente che le cosiddette bollette elettroniche ricadono inevitabilmente sui cittadini e sulle imprese, nonostante sia stato dimostrato che il beneficio delle energie rinnovabili sia pressoché nullo.
Fu il decreto Bersani- Pecoraro Scanio a introdurre il fotovoltaico che si poneva come obiettivo di raggiungere una potenza istallata di 3 GWh nel 2016. Oggi siamo però a 17 GWh. E mentre il costo dell’investimento crollava di pari passo non si riducevano gli incentivi: il risultato quindi è stato la crescita di oscuri e illeciti profitti per molti, come i mediatori di terreno e gli installatori. Ma non è finita qui.
Sebbene il provvedimento Bersani inizialmente prevedesse un tetto massimo incentivabile di 1,2 GWh, si è continuato comunque a estendere gli incentivi anche a tutti quegli impianti costruiti nell’anno successivo al decreto ben oltre i limiti previsti.
Le spese per il fotovoltaico, eolico, biomasse e certificati verdi, ammonta a ben 12 miliardi l’anno (da pagare nei prossimi 20 anni) a cui dobbiamo aggiungerne un altro paio a sostegno dell’indennizzo delle centrali termiche, che rimangono “fuori uso” quando il cielo si annuvola o quando il vento cala la sua potenza.
I sussidi diretti ed indiretti alle energie rinnovabili (14 miliardi) hanno dunque fatto salire del 70-80% il costo complessivo dell’energia prodotta in Italia. Tant’è che la Banca d’Italia ha stimato che tale energia costi alle imprese nostrane circa il 30% in più rispetto alla media europea.
Spagna e Germania hanno avuto esperienze non così diverse dalla nostra. La Germania ha ridotto però gli invcentivi più rapidamente rispetto all’Italia caricando i costi sulle spalle delle famiglie e meno sulle imprese. La Spagna invece ha dovuto tagliare diversi sussidi promessi per ridurre il disavanzo pubblico. Un’operazione che in Italia rimane un’utopia.
Francesca RIGGIO