Sempre meno credito alle imprese italiane: in un anno, vale a dire da maggio 2012 a maggio 2013, i finanziamenti sono drasticamente diminuiti di 41,5 miliardi di euro, una percentuale pari al 4,9%. Un rapporto di Confartigianato traccia un quadro davvero inquietante, la mancanza di liquidità soffoca le aziende nostrane, per le quali i finanziamenti scarseggiano.
A peggiorare ulteriormente la situazione è la crescita del debito della Pa verso le imprese, che oggi ammonta a ben 91 miliaridi. Inoltre, nonostante il calo della quantità di finanziamenti si verifica un aumento dei tassi d’interesse: secondo Confartigianato, a maggio 2013 il tasso medio per i prestiti fino a 1 milione di euro è del 4,36% ma sale al 4,85% per i prestiti fino a 250.000 euro.
Questi valori da capogiro fanno dell’Italia il secondo paese, dopo la Spagna, per i tassi più alti d’Europa, la differenza rispetto alla media Ue è di 84 punti, mentre lo spread continua inesorabilmente a salire e la differenza tra i tassi pagati dalle nostre aziende e quelli delle imprese tedesche oggi è di ben 148 punti.
La morsa che soffoca le imprese italiane sembra non allentare la presa, e a farne maggiormente le spese, soprattutto per i tassi d’interesse sono le piccole aziende (con meno di venti addetti). A livello regionale la Calabria si piazza al primo posto con i tassi più alti, 10,58% , seguita dalla Campania(10,55% ) e dalla Puglia, con il 10,22%.
Dando uno sguardo alle province invece è Crotone a risultare la più in difficoltà, con le aziende costrette a pagare tassi d’interesse dell’8,4%.
Sul fronte debiti della Pa, i dati forniti dalla Confartigianato sono agghiaccianti, ben 91 miliardi di euro, una cifra che rispetto al 2009 è aumentata di 0,3 punti di Pil; in Francia, Regno Unito e Spagna invece si è verificata la situazione opposta con un netto calo.
L’Italia ha inoltre il “primato europeo” dei ritardi di pagamento: 170 giorni, ovvero 109 giorni giorni in più rispetto agli altri Paesi del nostro continente.La situazione delle aziende italiane dunque appare sempre più inquietante: chi sostiene che la fine della crisi sia ormai dietro l’angolo, dovrebbe forse ripensarci bene.
Francesca RIGGIO