Non sembrano avere fine le problematiche relative al deposito PEC (posta elettronica certificata) da parte delle ditte individuali. Le indicazioni circa la possibilità di utilizzare indirizzi di terzi o di altre imprese, date sino ai giorni scorsi dalla maggioranza delle Camere di Commercio, si modificano ed indicano l’obbligo di indirizzo univoco ovvero ogni impresa dovrà avere uno specifico indirizzo PEC a seguito di note del Ministero dello Sviluppo economico prot. 0053687 del 2 aprile 2013 (molto vaga e non segnalata in questi mesi dalla maggioranza delle CCIAA) e 97142 dell’ 11 giugno 2013 (che probabilmente ha influenzato il cambio di interpretazione).
L’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) evidenzia questa ulteriore complicazione, per le imprese e gli studi professionali che le assistono. “In questi giorni già di grande impegno negli studi degli intermediari fiscali (IMU, Unico, ecc.) siamo costretti a spiegare agli imprenditori individuali, spesso increduli, l’obbligo del deposito PEC“, dichiara il Presidente dell’INT Riccardo Alemanno, che evidenzia come con le nuove interpretazioni le cose si siano ancora più complicate. “Molti imprenditori individuali non sono dotati di computer – continua Alemanno – ed anche se lo fossero non saprebbero utilizzarlo; certamente ci sono moltissimi imprenditori già informatizzati o che sono in grado di farlo, ma questa univocità dell’indirizzo PEC mi pare proprio sia una forzatura della norma che non prevede l’uso esclusivo della PEC per ciascuna impresa, forzatura che complica estremamente le cose. Molti studi hanno dato il proprio indirizzo PEC alle ditte individuali meno strutturate, altri hanno aperto un unico apposito indirizzo PEC per le imprese che non erano in grado di farlo, alcuni imprenditori utilizzano la PEC di altre aziende di proprietà o di familiari e così via (questo anche in virtù delle indicazioni date da varie CCIAA). Mi pare che vietare di usare un indirizzo PEC già utilizzato anche da altri soggetti sia stato deciso da chi non conosce appieno le problematiche della realtà, ulteriori complicazioni che fanno perdere fiducia nelle Istituzioni viste come oppressive e non come supporto all’attività delle imprese. E’ assolutamente necessaria una rettifica di tale divieto che non è previsto dalla Legge ma solo da interpretazioni“.