Chi pagherà l’aumento dell’Iva al 22%? In prima battuta le famiglie e, conseguentemente, le imprese e l’intero sistema produttivo italiano. È quanto ipotizza la Cgia di Mestre, secondo la quale se il Governo non riuscirà a scongiurare l’aumento, gli aggravi di imposta sulle famiglie saranno pesantissimi: 2,1 miliardi di euro nel 2013, 4,2 miliardi nel 2014.
La Cgia stima che, ipotizzando che i comportamenti di consumo delle famiglie italiane misurati secondo le rilevazioni Istat rimangano immutati, per un nucleo costituito da 3 persone l’aggravio medio annuo sarà di 88 euro. Nel caso di un nucleo familiare di 4 persone, l’incremento medio sarà invece di 103 euro.
Visto che per il 2013 l’aumento dell’Iva interesserà solo il secondo semestre, per l’anno in corso gli aumenti di spesa saranno la metà: 44 euro per la famiglia da 3 persone e 51,5 euro per quella da 4.
Quali saranno i principali beni e servizi a rincarare dall’1 luglio? Ricordando che il passaggio dal 21% al 22% dell’Iva ordinaria non inciderà sulla spesa dei beni di prima necessità come alimentari, sanità, istruzione, casa (ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto), la Cgia stima che saranno vino e birra tra le bevande; e poi carburanti, riparazioni dell’auto, abbigliamento, calzature, mobili, elettrodomestici, giocattoli e computer.
Ecco perché, secondo la Cgia, i rincari che peseranno di più sulle famiglie italiane si verificheranno quando si farà il pieno all’auto o la si farà riparare (33 euro all’anno per una famiglia di tre persone, 39 euro per 4 persone), si acquisteranno capi di abbigliamento e calzature (18 euro all’anno per una famiglia di 3 persone, 20 euro per 4) o si acquisteranno mobili, elettrodomestici o articoli per la casa (13 e 17 euro).
Secondo Giuseppe Bortolussi, segretario dell’organizzazione mestrina, “bisogna assolutamente scongiurare questo aumento. Se il Governo Letta non lo farà, corriamo il serio pericolo di far crollare definitivamente i consumi che ormai sono ridotti al lumicino con gravi ripercussioni economiche non solo sulle famiglie, ma anche su artigiani e commercianti che vivono quasi esclusivamente della domanda interna. Rispetto al 2011 la riduzione della spesa per consumi delle famiglie italiane è stata del 4,3%, una variazione negativa molto superiore a quella registrata nel biennio 2008-2009, quando, al culmine della recessione, i consumi avevano segnato una caduta tendenziale del 2,6%“.