di Davide PASSONI
Siamo ancora tutti qui a chiederci perché. Perché il governo ha deciso di portare famiglie e imprese al collasso innalzando di un punto percentuale l’Iva. Una tagliola che scatterà tra poco più di un mese, se non ci dovessero essere clamorosi ripensamenti e retromarce da parte dell’Esecutivo.
Esecutivo che, a onor del vero, sembra voler trovare una copertura alternativa per i soldi che dovrebbe incassare dall’aumento dell’imposta. Si parla di 2 o 3 miliardi, ma al momento l’orientamento è quello di lasciare che scatti l’Iva al 22%. Semplicemente perché i soldi in alternativa non ci sono.
Del resto, se nella campagna elettorale prima e subito dopo la formazione del governo poi si è tanto parlato di Imu (tra abolizione e sospensione), sulla necessità di evitare la mazzata dell’Iva nessuno si è mai pronunciato. E i risultati si vedono ora, con lo spettro del 22% che si avvicina sempre di più.
E allora torniamo all’inizio. Perché? Perché quando si tratta di imposte e fisco, in Italia il buon senso viene sempre lasciato nel cassetto? A nessuno sfugge il fatto che la crisi bastarda nella quale ci dibattiamo è frutto anche e soprattutto di un crollo di domanda interna e di consumi, che come in domino perverso porta con sé crollo della produttività e dell’offerta, crollo del potere d’acquisto delle famiglie, crisi di liquidità per le imprese. Bene, e allora perché a chi dovrebbe decidere dei destini fiscali sfugge il fatto che aumentare l’Iva significa deprimere ulteriormente i consumi e aumentare la spirale recessiva che sta portando il Paese al dissesto?
Noi di Infoiva non siamo dei geni, ma lo abbiamo capito. Perché usiamo il buon senso di chi tutti i giorni parla con chi lavora, produce e… si ritrova con un pugno di mosche. Questa settimana vedremo di capire di più su questa maledizione dell’Iva, sperando ma non facendoci illusioni che l’aumento possa in qualche modo saltare, anche all’ultimo. Dopotutto, c’è chi ancora crede a Babbo Natale…