Si è conclusa da poco la sua edizione milanese, ma MICAM pensa già a volare verso Oriente: dal 9 all’11 aprile infatti si terrà theMICAMshanghai, prima tappa di un progetto più ampio che prevede di portare la fiera della calzatura più importante in Italia a spasso per il mondo. Del resto se il settore calzaturiero del made in Italy ha raggiunto nel 2012 i 3,8 miliardi, il merito è soprattutto dei Paesi extra europei e dei mercati emergenti, dove la domanda continua ad essere trainante.
Infoiva chiude la settimana dedicata alla filiera della calzatura italiana con un’intervista a Cleto Sagripanti, Presidente di ANCI, l’Associazione Nazionale dei Calzaturifici Italiani.
Il 2012 si chiude per il settore calzaturiero tra luci e ombre e il 2013 non si è aperto diversamente. Quali le sensazioni dall’osservatorio privilegiato di ANCI?
Il 2012 è stato un anno difficile per l’economia italiana e il 2013 si è aperto con la riconferma delle criticità sul fronte produttivo e occupazionale, con ovvie conseguenze sul reddito disponibile, sul clima di fiducia delle famiglie e sui consumi. L’auspicata ripresa appare, ancora una volta, rinviata a data da destinarsi. Il calzaturiero, dopo i recuperi del 2010 e 2011, ha dovuto fare i conti nel 2012 con una sensibile contrazione dei consumi nazionali e con il peggioramento della domanda estera, soprattutto sui mercati dell’Unione Europea, che assorbono ben il 70% dei flussi e sui quali viene realizzato il 54% delle vendite estere in valore. Nonostante il quadro negativo, il settore calzaturiero nel suo complesso dà un contributo importante al Paese: il saldo commerciale nei dati preconsuntivi raggiungerebbe i 3,8 miliardi di euro, con un aumento del 12,6% rispetto al 2011. Ciò è dovuto non solo alla tenuta delle esportazioni, soprattutto trainate dalle vendite nei paesi extra-UE, ma anche da una forte frenata delle importazioni. In ogni caso, i numeri che emergono dal preconsuntivo elaborato da ANCI non lasciano dubbi sul momento di difficoltà per il settore: nonostante i buoni risultati degli anni post crisi oggi dobbiamo commentare dati non soddisfacenti in relazione agli sforzi che hanno fatto e stanno facendo le aziende sui prodotti e sugli strumenti commerciali.
Quali sono, oggi, i punti di debolezza e quali quelli di forza della filiera italiana delle calzature?
Oltre alla forte contrazione sul mercato interno, che da anni ormai non è in grado non soltanto di crescere, ma nemmeno di confermare i dati dell’anno precedente, si aggiungono altre difficoltà: vi sono imprese che ormai si rifiutano di lavorare con l’Italia in cui i comportamenti scorretti come i pagamenti ritardati indefinitamente o addirittura gli insoluti sono diventati frequentissimi. Questo non è altro che l’esito di una pressione fiscale eccessiva che risale la filiera e che finisce per danneggiare le imprese due volte, quando pagano le tasse e quando fanno da banca impropria al proprio cliente. Senza contare che la giustizia civile così lenta e inefficiente finisce per allontanare non solo gli investitori stranieri, ma le stesse imprese italiane che trovano all’estero un rischio insoluto inferiore. Tra gli altri mali che affliggono il nostro tessuto produttivo ci sono inoltre la contraffazione e la mancanza di politiche efficaci per l’occupazione e per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
Ma le aziende hanno saputo rimboccarsi le maniche rispondendo alle difficoltà con il cambiamento. Il vero punto di forza della nostra filiera in questi ultimi anni è stato infatti il processo di ripensamento strutturale delle imprese, di cui l’Associazione è promotrice e testimone. Le imprese hanno investito di più in creatività e proposte innovative, ma hanno anche saputo integrare all’antico sapere industriale e creativo quello commerciale e di servizio al cliente. Per questo, il settore ha bisogno di supporti maggiori sia sul fronte della defiscalizzazione delle spese di campionario sia sul fronte della promozione.
Il settore calzaturiero è in grado di fare sistema o ancora si procede in ordine sparso?
Tutti i temi e le battaglie di ANCI hanno senso proprio perché tutti insieme viaggiamo in un’unica direzione. La posta in gioco è troppo alta per permetterci di muoverci da soli, lasciando spazio ai particolarismi. ANCI è un’Associazione forte, che ha saputo confermarsi come strumento reale per fare sistema e permettere di far sentire la propria voce a tutte le aziende calzaturiere, anche a quelle piccole e medie imprese che sono il tessuto e la storia di questo Paese. Penso ad esempio ai tanti sforzi presso le istituzioni europee per ottenere l’etichettatura made in, una battaglia non ancora conclusa ma che si avvia verso una fase cruciale, fondamentale per tutelare la nostra tradizione manifatturiera e la nostra eccellenza produttiva. Una sfida che ANCI ha portato avanti unendo le voci, le istanze e gli sforzi delle aziende calzaturiere italiane.
Nuovi mercati emergenti: più una risorsa per l’export o una minaccia per la concorrenza a basso costo?
Le esportazioni italiane di calzature hanno registrato, secondo i dati Istat dei primi 11 mesi 2012, un incremento del +3,1% in valore, raggiungendo la cifra record di 7,1 miliardi di euro, pur con una flessione del -6,3% in quantità. I prezzi medi – nonostante la severità del contesto economico in molti dei nostri principali Paesi clienti – sono aumentati del 10%, a testimonianza dell’appeal invariato dei prodotti made in Italy.
Per diventare sempre più competitivi ANCI sta promuovendo importanti progetti come theMICAM nel mondo, la cui prima tappa sarà theMICAMshanghai dal 9 all’11 aprile. L’eccellenza italiana è il nostro biglietto da visita e non può essere certo minacciata dalla concorrenza a basso costo, ma non basta. Occorre imparare, conoscere ed esplorare e l’impegno di ANCI è proprio quello di aiutare il posizionamento delle aziende e la loro penetrazione sui nuovi mercati strategici.
Quali sono le prime istanze o richieste che, come ANCI, presenterete al nuovo Governo?
Il mercato non aspetta, eppure questa convinzione sembrano averla solo le imprese e i lavoratori: l’economia reale, quella che da anni attende risposte sul cuneo fiscale e sull’Irap, sembra essere utile solo quando è fonte di reddito fiscale oppure quando serve a coprire i buchi di bilancio. L’ingovernabilità pesa non soltanto sui mercati finanziari ma anche sulle imprese, e in particolare quelle calzaturiere che da anni attendono risposte efficaci. È sempre più urgente, in un momento così complicato del nostro Paese, tornare a parlare di economia reale: da qui nascono le nostre proposte come il recupero di uno strumento finanziario come era la legge 1083, la quale permetteva a soggetti istituzionali nazionali, come le Associazioni di categoria, di finanziare progetti di alto livello, come theMICAMshanghai. Se progetti simili hanno l’ambizione di indicare una via alle aziende e alle Istituzioni che le devono supportare, è altrettanto importante che queste ultime diano segnali di vicinanza reale al mondo delle imprese che sta vivendo un momento molto difficile. Il supporto all’internazionalizzazione, l’abbassamento del cuneo fiscale, le agevolazioni fiscali per le attività di ricerca e sviluppo e le misure per facilitare il credito sono ormai diventati una questione di sopravvivenza per tanti imprenditori.
Che cosa si sente di dire come incoraggiamento per questo 2013 alle migliaia di piccole imprese che operano nel settore calzaturiero?
In un momento così delicato, ma anche carico di possibilità e aperto a nuovi scenari, occorre dare speranza e fiducia alle imprese non con le parole e gli slogan, ma con impegni e fatti concreti. ANCI vuole proprio fare questo, ascoltando e unendo le voci delle aziende per dialogare con i partner istituzionali a vario livello con la forza della propria credibilità e coerenza e anche con durezza, se necessario, gettando così le basi concrete per il futuro per cogliere le opportunità che il mondo e i nuovi mercati ci offrono.
Davide PASSONI