Non è certo una novità il fatto che questa crisi feroce sta mettendo in ginocchio soprattutto la piccola impresa italiana. Una difficoltà crescente, che non ha solo il volto dell’imprenditore che non riesce più a fatturare ma, anche e soprattutto, quella dell’imprenditore che non riesce a onorare gli impegni con i propri dipendenti. Impegni che significano, in primo luogo, pagare gli stipendi.
Secondo un’analisi effettuata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, le imprese fanno sempre più fatica a onorare assegni bancari o postali, cambiali, vaglia o tratte e così i protesti hanno subito un aumento molto consistente. Dall’inizio della crisi i titoli di credito che alla scadenza non hanno trovato copertura sono cresciuti del 12,8%, mentre le sofferenze bancarie in capo alle aziende hanno fatto registrare un’impennata a tre cifre: + 165%. Alla fine del 2012 l’ammontare complessivo delle insolvenze ha superato i 95 miliardi di euro.
Queste tendenze, secondo l‘Ufficio studi della Cgia di Mestre, dimostrano che l’aumento dei protesti bancari ha concorso – assieme al calo del fatturato e al blocco dei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione – a mandare in rosso i conti correnti di numerosi imprenditori, non consentendo a molti di questi la possibilità di restituire nei tempi concordati i prestiti ottenuti dalle banche.
Amaro il commento del segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi: “Il disagio economico in cui versano le piccole imprese è noto a tutti, con risvolti molto preoccupanti soprattutto per i dipendenti di queste realtà aziendali che faticano, quando va bene, a ricevere lo stipendio con regolarità. Purtroppo, sono aumentate a vista d’occhio le aziende che da qualche mese stanno dilazionando il pagamento degli stipendi a causa della poca liquidità. Stimiamo che almeno una piccola impresa su due sia costretta a rateizzare le retribuzioni ai propri collaboratori“.