La riforma forense ha stabilito che l’attività stragiudiziale non debba essere affidata esclusivamente agli avvocati ma a chi dimostra di avere più competenze in merito.
L’Aneis, l’Associazione nazionale esperti di infortunistica stradale, ha voluto sottolinearlo, ricordando, però, che ”l’assistenza, la rappresentanza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali sono da intendersi attività esclusive dell’avvocato, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge“.
Ovviamente, a parte casi particolari, anche nei casi di assistenza e consulenza stragiudiziale, ma che siano connesse con l’attività giudiziale, la competenza rimane degli avvocati.
Luigi Cipriano, presidente Aneis, commentando la nota contenuta nel testo della riforma, ha affermato: “Poiché in linea di principio ogni attività stragiudiziale potrebbe essere sempre ritenuta connessa a quella giudiziale, se non altro per il fatto che ogni controversia può sempre sfociare in una causa, è evidente che il legislatore ha ritenuto di valorizzare la connessione tenendo conto del momento in cui l’attività stragiudiziale viene posta in essere. In altri termini, sono riservate all’avvocato le attività che, quando vengono poste in essere, sono connesse a quella giudiziale, nel senso che c’è già in corso una causa, mentre sono libere quelle che vengono poste in essere senza che vi sia contestualmente un giudizio già incardinato“.
Cipriano ha concluso così: “Sotto il profilo penale va sottolineato come la legge si esprima in termini differenti con riguardo all’attività giudiziale rispetto all’attività stragiudiziale. Se per la prima nella legge (comma 5) si parla di attività ‘riservate’ agli avvocati, per la seconda (comma 6) si parla invece di attività che sono di ‘competenza’ degli avvocati“.
Vera MORETTI