Gli architetti e gli ingegneri iscritti ad Inarcassa, oltre 165.000, hanno voluto farsi sentire, ora che il clima elettorale è entrato nel vivo, ed esternare le aspettative che ripongono nel futuro Governo.
La categoria ha elaborato un piano “strutturale e strategico di investimenti che abbia una adeguata copertura finanziaria“.
In concreto, viene chiesto che, per un decennio, venga impiegato almeno il 4% del PIL per la ripresa economica italiana, al fine di contrastare la sempre crescente disoccupazione, ma anche per rivalutare l’enorme patrimonio pubblico e privato del Belpaese.
Nel dettaglio, architetti ed ingegneri chiedono:
- la riqualificazione strutturale, energetica e architettonica del patrimonio edilizio esistente;
- la completa ristrutturazione delle infrastrutture urbane ed interurbane;
- il riuso o la sostituzione del costruito esistente dismesso;
- la demolizione del costruito abusivo;
- il recupero e la valorizzazione del paesaggio;
- la reale razionalizzazione dell’uso delle fonti non rinnovabili;
- l’incentivazione degli investimenti privati;
- la razionalizzazione degli iter autorizzativi e lo snellimento delle procedure.
Viene richiesto, inoltre, che sia modificata la normativa per gli aspetti che riguardano le modalità affidamento degli incarichi professionali, formalmente definiti “appalto dei servizi di ingegneria”. In particolare si chiede che gli appalti vengano affidati esclusivamente in base alla qualità dell’offerta e non al prezzo.
Un pensiero va anche alla Pubblica Amministrazione, “invitata” a dedicarsi unicamente nello svolgere il suo ruolo di programmazione e di controllo delle Opere Pubbliche, eliminando la presenza di strutture tecniche di progettazione permanenti, delle quali spesso non è chiara la necessità.
Secondo la categoria, deve essere vietato, ai dipendenti pubblici, di praticare qualsiasi attività di libera professione oltre al proprio lavoro dipendente.
Nel testo presentato dagli iscritti ad Inarcassa si legge: “Il pubblico dipendente, che già gode di tutte le garanzie giustamente destinate al lavoro subordinato, può oggi svolgere altri lavori oltre a quello per il quale è stato assunto. E questo è inaccettabile perché com’è ben noto, al di là di qualsiasi altra considerazione, il secondo lavoro viene spesso svolto a discapito di quello principale e in pesanti situazioni di conflitto d’interesse malamente mascherate. Proprio per questa ultima considerazione, anche a coloro che svolgono l’attività in status di part-time, pur consentendo lo svolgimento di altre attività nel tempo residuo, deve essere assolutamente vietata qualsiasi attività libero professionale“.
Vera MORETTI