Strumento principe nella lotta all’evasione, complesso modello statistico, specchio impietoso dell’Italia post crisi, “psicodramma nazionale” e nelle ultime ore pure “riccometro”. Si moltiplicano le definizioni ma il nostro grande indiziato di questa settimana è lui: il Redditometro.
Quest’oggi abbiamo deciso di passarlo sotto la lente di ingrandimento dei veri addetti ai lavori, i commercialisti. Per cercare di fare un po’ di chiarezza tra accertamenti sistematici, parametri statistici, scostamenti marginali, beni rilevanti e beni simbolici.
Infoiva ha intervistato Alessandro Solidoro, Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano.
Redditometro 2013: criticato, temuto, passato sotto la lente di ingrandimento. Quali sono secondo lei le maggiori criticità?
Il redditometro è riconducibile agli “accertamenti sintetici”, che sono presenti nel nostro ordinamento da diverso tempo.
La principale criticità di questa tipologia di accertamenti consiste nel pericolo di cadere, in sede di verifica della singola posizione fiscale di un contribuente, in “automatismi” nell’applicazione dei parametri previsti, che potrebbero non tener conto della specifica situazione del contribuente medesimo. La Cassazione al riguardo ha ricordato a più riprese che l’accertamento fiscale non può mai essere “standardizzato” ed effettuato applicando acriticamente una metodologia matematico-statistica. Oltre a ciò, vi sono diverse criticità di natura “tecnica”, derivanti dalla scelta del Legislatore di voler considerare alcune rilevanti spese (ad esempio l’acquisto di immobili) come effettuate utilizzando il reddito di un unico periodo di imposta.
Quali invece i vantaggi?
Le modifiche recentemente apportate al redditometro hanno il pregio di coprire uno spettro più ampio di voci rispetto a quanto fosse precedentemente fatto. Ciò consente di non limitare l’analisi ad alcuni “beni rilevanti” (immobili, automezzi, barche e simili), ma di estendere l’esame del tenore di vita (e dunque della congruità del reddito dichiarato) attraverso un ampliamento delle spese, degli investimenti e dei risparmi presi in esame.
Le 100 voci del redditometro analizzano praticamente ogni ambito della vita di una famiglia, gli italiani dovranno cambiare le proprie abitudini per rientrare nei parametri del redditometro, o chi non evadeva prima può semplicemente mantenere la propria routine invariata ?
No, non è necessario cambiare le proprie abitudini: al riguardo desidero infatti ricordare che il redditometro si basa sul semplice assunto per cui il tenore di vita deve essere compatibile con il reddito dichiarato al Fisco. In linea generale, chi non evadeva precedentemente non ha nulla da temere dall’applicazione di questo strumento, anche se dovranno essere adottate alcune precauzioni circa la tracciabilità delle risorse finanziarie e reddituali impiegate per il sostenimento di alcune spese rilevanti (automobili, immobili, investimenti e simili).
La franchigia di tolleranza di 12 mila euro è a vostra parere ben ponderata?
E’ opportuno premettere che il riferimento a una franchigia quantificata in 12.000 euro non è prevista dalla normativa (che invece stabilisce che il redditometro è potenzialmente applicabile a coloro che, in un dato periodo d’imposta, hanno sostenuto spese in misura superiore a 1,20 volte il reddito dichiarato). Ritengo che l’adozione di una franchigia “quantitativa” possa essere un utile ed efficace accorgimento per evitare di sottoporre a verifica quelle posizioni con scostamenti “marginali”; tuttavia non dovrà essere possibile prescindere dalla situazione specifica del singolo contribuente.
Veniamo al capitolo beni simbolici: l’allargamento dello spettro e l’analisi effettuata su dati certi dell’Agenzia delle Entrate porterà ad una maggior efficacia dello strumento di lotta all’evasione?
La motivazione sottostante l’inclusione delle spese per “beni simbolici” tra quelle da considerare ai fini del redditometro, risponde all’esigenza di meglio profilare il tenore di vita in relazione al reddito dichiarato. Dalle prime elaborazioni effettuate e apparse sulla stampa specializzata, sembra comunque di capire che questa categoria di spese non sarà di per sé “decisiva” nella valutazione di congruità del reddito di un singolo contribuente, mentre avranno una particolare significatività le spese per beni rilevanti e investimenti.
Il rischio che la presunzione di capacità di spesa delle famiglie si allontani dalla realtà è concreto o si può contenere limitando il ricorso a meccanismi statistici?
I meccanismi statistici contenuti nel decreto attuativo del redditometro dovrebbero avere l’esclusiva finalità di stabilire una “misura media” (statisticamente comprovata) per la spesa delle famiglie: in questo senso, l’inserimento di tale categoria di spese ai fini del redditometro potrebbe forse essere rivisto e meglio rimodulato (magari prevedendo ulteriori soglie di franchigia al di sotto delle quali non procedere a verifica con redditometro) , soprattutto al fine di evitare qualsiasi applicazione “automatica”.
A suo avviso il redditometro è uno strumento valido nella lotta all’evasione o si poteva fare qualcosa di più?
In linea di principio il redditometro è un valido strumento nella lotta all’evasione, in quanto è basato sull’assunto di comparare il tenore di vita rispetto alla congruità del reddito dichiarato. Tuttavia, dato l’elevato potere conoscitivo e il meccanismo di presunzione su cui esso si basa (che comporta un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente), si deve evitare che nella pratica diventi uno “studio di settore per famiglie”, censurando qualsiasi automatismo in sede di verifica che non tenga conto della specifica situazione del contribuente.
Alessia CASIRAGHI