Per contrastare la precarietà, e rendere i contratti a termine meno appetibili alle aziende, la Riforma Fornero ha introdotto alcune modifiche con l’obiettivo di favorire le assunzioni a tempo indeterminato.
In particolare, la legge stabilisce che “il contratto a termine possa essere siglato solo in presenza di una valida giustificazione e che venga convertito a tempo indeterminato ove prosegua per un certo periodo dopo la scadenza, imponendo quindi una specifica pausa tra la sua scadenza e la stipula di un nuovo contratto a tempo determinato“.
Per evitare l’abuso di questo contratto, sono stati previsti intervalli di maggiore durata nell’ipotesi di successione di contratti e un incremento del costo contributivo, con la prospettiva di una parziale restituzione al datore di lavoro in caso di stabilizzazione del rapporto.
Esiste comunque la possibilità, da parte del datore di lavoro, di stipulare un contratto a tempo determinato senza l’obbligo di nessun tipo di motivazione, ma, in questo caso, deve trattarsi della prima stipulazione e di una durata non superiore ai 12 mesi.
Si tratta, in ogni caso, di un periodo non frazionabile, perciò, se il primo contratto a termine ha durata inferiore al limite massimo, una successiva assunzione sarà possibile solo in presenza di una ragione giustificatrice. In ogni caso, il contratto a termine stipulato senza giustificazione non può essere prorogato.
L’obbligo di giustificazione non sussiste anche nel caso in cui l’assunzione a termine si verifichi nell’ambito di un processo organizzativo con le seguenti caratteristiche: avvio di una nuova attività; lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; rinnovo o proroga di una commessa consistente.
Ciò significa che, in questo particolare caso, la deroga all’obbligo di motivazione trova fondamento non nella durata del contratto ma nella riconducibilità dell’assunzione ad un determinato processo organizzativo, ragion per cui il contratto a tempo determinato a-causale può essere validamente instaurato per una durata superiore a 12 mesi e, forse, anche per i contratti successivi al primo.
Il limite riguarda invece il numero di contratti a termine nei confronti della totalità dei lavoratori dell’azienda, che non può superare il 6%.
Il lasso temporale che riguarda, dopo la scadenza del contratto a tempo determinato, un successivo rapporto di lavoro, ma a tempo indeterminato, è di 30 giorni, se il contratto a termine era inferiore a 6 mesi, fino a 50 giorni se il contratto era superiore a 6 mesi.
Gli intervalli obbligatori tra un’assunzione e l’altra sono di 60 giorni per le fattispecie contrattuali con durata inferiore a 6 mesi e fino a 90 giorni per le fattispecie contrattuali con durata superiore a 6 mesi.
Se questi intervalli non vengono rispettati, il secondo contratto deve essere necessariamente a tempo indeterminato, mentre, nel caso di due assunzioni successive, senza soluzione di continuità, il rapporto viene qualificato a tempo indeterminato a far data dalla stipula del primo contratto.
Il rapporto di lavoro a termine diventa a tempo indeterminato se lo stesso, per l’effetto della successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti con lo stesso datore di lavoro, sia complessivamente durato oltre 36 mesi, compresi proroghe o rinnovi; nel computo dei 36 mesi si deve tenere conto anche dei periodi lavorati per il medesimo datore di lavoro in forza di un contratto di somministrazione a termine.
Per quanto riguarda l’indennità dovuta al lavoratore nell’ipotesi di conversione a tempo indeterminato, la Riforma precisa che il relativo importo è onnicomprensivo ossia ha la funzione di ristorare per intero ogni pregiudizio subito dal lavoratore.
In caso di assunzione a tempo determinato, a partire dal 1 gennaio 2013, è dovuto un contributo addizionale pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, ad eccezione delle assunzioni finalizzate alla sostituzione di lavoratori assenti, inerenti ad attività stagionali e nell’ambito del settore pubblico.
Tale contributo addizionale, in misura pari a 6 mensilità, verrà restituito in caso di stabilizzazione del rapporto senza soluzione di continuità alla scadenza del termine; qualora la stabilizzazione avvenga nei 6 mesi successivi al decorso del termine, l’importo restituito sarà ridotto proporzionalmente in considerazione del periodo intercorso tra la cessazione del rapporto e la stipula del nuovo contratto.
Vera MORETTI